GIORNALISTI IN PROTESTA: “LA PRESUNZIONE DI INNOCENZA NON SIA UN BAVAGLIO”

Da Roma, dove si è tenuta la manifestazione più importante, fino a Terni, Frosinone e molte altre città: i giornalisti sono scesi in piazza al grido di “No bavaglio alla stampa, la città deve sapere”. L’oggetto delle proteste sono le norme sulla presunzione di non colpevolezza introdotte dal decreto legislativo 188 del 2021, “di cui la libera informazione in Italia attende da parte dei ministeri competenti una corretta lettura attraverso nuove circolari esplicative che non mettano a repentaglio (come sta avvenendo) il diritto di cronaca”.

Il senso della manifestazione è stato ampiamente spiegato dal segretario della Fnsi Lorusso: il decreto in oggetto viene usato in maniera strumentale per impedire ai giornalisti e quindi ai cittadini di conoscere determinati fatti. Non è una questione di presunzione di innocenza, principio che è già in Costituzione. La questione è che si è utilizzata una direttiva europea per provare a regolare i conti con la stampa. Non si può colpire il diritto dei cittadini ad essere informati per garantire la presunzione di innocenza, mettendo in contrasto l’articolo 21 con l’articolo 27 della Costituzione”.

“Vietato parlare con i giornalisti – incalzano i giornalisti -. Più che concentrarsi sulla prevenzione e repressione dei reati… ormai Procura e Questura sembrano… impegnate a imbavagliare la stampa. La legge sulla presunzione di innocenza appare un pericoloso alibi. Eppure è fondamentale permettere la verifica di fatti e notizie nell’immediatezza, oltretutto, in un momento così delicato per la vita del Paese colpita da una crisi economica gravissima che rischia di generare grandi tensioni sociali. Ma per la paura di assumersi responsabilità o di essere “redarguiti”, tutti i livelli coinvolti in quello che dovrebbe essere un aperto confronto con gli organi di stampa, nel rispetto dei ruoli, si stanno trincerando dietro un no comment che spesso è o sfiora la censura. Una condizione inaccettabile: chi opera in difesa dello Stato e dei cittadini deve anche essere in grado di potere interloquire con i professionisti dell’informazione i quali, ricordiamo, hanno dei doveri già sanciti dai codici deontologici”.

Secondo i manifestanti dunque, il principio in oggetto viene interpretato in senso “molto rigido” dalla magistratura, che di fatto “preclude un adeguato scambio di informazioni con le forze dell’ordine per riscontri o verifiche non solo su vicende di cronaca nera e giudiziaria, ma anche su semplici incidenti e altro”.

Insieme ai giornalisti e alla già citata Fnsi, hanno aderito l’Ordine dei giornalisti, Usigrai, Stampa Romana e molte altre sigle di rappresentanza giornalistica.

di Matteo Cotellessa

Giornalista Mediaset e cultore della materia di Diritto dell’informazione e Diritto europeo dell’informazione con il Prof. Ruben Razzante (Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano), fondatore del portale www.dirittodellinformazione.it