È ormai nota la vicenda della pubblicazione degli audio del colloquio tra Fedez e il suo psicologo sui social da milioni di follower del cantante milanese. Il protagonista della seduta psicologica è un autentico terrore causato dalla paura di perdere la vita a seguito della scoperta di un tumore al pancreas. Siamo tutti concordi nell’affermare che si tratta del lato più umano, e privato, di un personaggio pubblico che teme di essere dimenticato dai propri figli abbandonando la vita terrena.
Dunque, le polemiche diffuse sui social hanno giudicato l’umana volontà di condividere un’emozione, di cui l’unico conoscitore è però il cantante stesso. La disinvoltura con cui Fedez ha pubblicato gli audio incriminati è stata, infatti, fermamente condannata dai più, richiamando i limiti del pudore e del costume sociale. Ma come stabilire in che misura un individuo ha l’opportunità di esternalizzare il proprio dolore? Il tema, allora, riguarda la libertà di condividere le proprie emozioni e di decidere ciò che esporre della propria sfera più intima dimenticando, tuttavia, che quell’emozione appartiene a Fedez, che ha il diritto di gestirla come meglio crede.
E se da decenni ormai ci interroghiamo su come preservare il sacrosanto diritto alla riservatezza, le polemiche che hanno raggiunto il cantante sembrano, invece, voler garantire un inspiegabile dovere alla privacy, una sospensione della legittima volontà di urlare al mondo ciò che si prova nella lotta contro una malattia.
Articolo di Mirko Olivieri