Il mondo dei media, sia in Italia che all’estero, è profondamente segnato dalle discriminazioni di genere: si pensi all’egemonia maschile ai livelli dirigenziali, ai divari salariali, all’impossibilità per le donne di scegliere liberamente gli argomenti di cui trattare e, ancora, al fatto che le donne raramente vengono interpellate come fonti di notizie scientifiche. Un’altra discriminazione ricorrente nel mondo dell’informazione riguarda la narrazione della violenza di genere, che spesso riproduce stereotipi e pregiudizi a danno delle donne.
Altrettando problematica è la questione delle molestie nell’esercizio della professione giornalistica, vale a dire minacce e intimidazioni, spesso online, che le giornaliste ricevono talvolta per il solo fatto di essere donne, talvolta per il lavoro che svolgono. Secondo una ricerca dell’Osservatorio Balcani Caucaso Transeuropa, qualunque argomento trattato può diventare motivo di insulti o aggressioni, ma quando sono in ballo come diritti umani, questioni di genere e questioni sociali la probabilità aumenta. Questi episodi di violenza impattano fortemente sulla vita delle giornaliste, sia a livello professionale che nel privato: spesso si trovano a doversi cancellare dai social, o a proseguire il proprio lavoro in anonimo, se non, nel peggiore dei casi, a terminare la propria carriera.
Non è raro che la violenza si consumi anche all’interno delle stesse redazioni. In un’indagine della Federazione nazionale stampa italiana, l’85% delle giornaliste intervistate dichiara di aver subito molestie sessuali nel corso della carriera lavorativa, a partire dalla ricerca del lavoro. Un altro elemento preoccupante è il fatto che più della metà degli episodi è avvenuta in redazione e in pochi casi c’è stato un intervento esterno.
Nonostante le discriminazioni di genere siano da tempo radicate nel settore dei media e dell’informazione, alcune azioni possono fare la differenza. Un primo passo sarebbe introdurre una formazione obbligatoria sui temi legati al genere per gli operatori dei media. Questo al fine di sensibilizzare i giornalisti rispetto alla condizione delle colleghe donne e istruirli sulle modalità di contrasto ai fenomeni di violenza interni ed esterni alla redazione. Fondamentale anche il contributo delle istituzioni pubbliche nel promuovere politiche di alfabetizzazione mediatica per contrastare l’odio online.
A.L.R