LE CATENE DI SANT’ANTONIO

Le Catene di Sant’Antonio affondano le loro radici nel secondo dopoguerra, quando cominciarono a diffondersi con questo nome lettere cartacee a scopo religioso. Venivano inviate ad amici e conoscenti e promettevano benefici spirituali e grazie ultraterrene in cambio della loro diffusione. Il destinatario, dopo aver recitato tre “Ave Maria” a Sant’Antonio, era tenuto a inoltrare la lettera ad altri per assicurarsi fortuna e protezione; al contrario, interrompere la catena avrebbe portato a indicibili disgrazie.

Col passare del tempo la componente religiosa è venuta sempre meno, lasciando spazio a un fenomeno più leggero e ludico, molto in voga tra i ragazzi degli anni ’80 e ’90. In questa nuova versione le Catene di Sant’Antonio erano solo giochi epistolari che permettevano ai messaggi di diffondersi rapidamente.

Con l’avvento della tecnologia il gioco si è adattato ai nuovi mezzi di comunicazione: sparita la carta sono arrivati gli SMS e più recentemente WhatsApp, Messenger e i vari social. Se il tono è rimasto più o meno lo stesso (promesse di fortuna a chi le inoltra e minacce di sfortuna a chi si rifiuta), la forma è invece cambiata; oggi vengono infatti usate frasi accattivanti, immagini emotive e richieste di condivisione immediata.

Nonostante l’apparente carattere innocuo, le Catene di Sant’Antonio non sono sempre rimaste un gioco. Alcune derivazioni più insidiose hanno infatti attirato l’attenzione del Legislatore. Con la sentenza n. 37049/2012 la Corte di Cassazione ha dichiarato illegale un tipo specifico di catena legata al web surfing, dopo che i gestori di alcuni siti avevano usato le catene per promettere incentivi a chi portava nuovi iscritti, attuando una pratica commerciale vietata dalla legge 173/2005.

Oggi le Catene di Sant’Antonio digitali continuano a circolare e nella maggior parte dei casi non sono create né da hacker né da malintenzionati, non contengono link pericolosi, né mirano a infettare i dispositivi. Anche le versioni più innocue però possono comportare conseguenze, tra le quali la violazione della privacy. La condivisione di numeri di telefono, e-mail e contatti personali con destinatari ignari può esporre questi dati a usi impropri, come lo spam pubblicitario o, nei casi peggiori, a tentativi di truffa.

Queste catene, che raramente generano guadagni economici diretti e per la maggior parte delle persone rimangono solo un passatempo o una fastidiosa perdita di tempo, rappresentano un perfetto esempio di come un fenomeno popolare possa adattarsi nel tempo, passando dall’ambito religioso a quello tecnologico.

 

S.B.


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