NEW YORK CITY, LE VIDEOCAMERE DI SORVEGLIANZA GENERANO DISCRIMINAZIONI

Amnesty International ha commissionato uno studio che mette in correlazione l’ubicazione delle videocamere di sorveglianza pubbliche con le perquisizioni stop-and-frisk (ferma e perquisisci), ossia una delle pratiche più discusse e contestate con cui opera la polizia statunitense, che nel 2013 è stata dichiarata incostituzionale dal giudice Shira Scheindlin, confermando la base discriminatoria di questo metodo operativo, basato sul ragionevole apprezzamento dell’agente.

Lo stop and frisk permette agli agenti di fermare e perquisire cittadini, le loro proprietà come la casa o l’automobile senza necessità di un provvedimento giurisdizionale. La pratica viene impiegata prevalentemente nei confronti di minoranze (latinos ed afroamericani).

A maggio 2021, l’associazione ha lanciato Decode Surveillance NYC ed ha reclutato migliaia di volontari per mappare attraverso un browser sullo smartphone le telecamere a circuito chiuso installate a New York. In 10 settimane, più di 7.000 volontari digitali da tutto il mondo hanno analizzato ogni incrocio di New York City. Lo sforzo ha individuato e classificato decine di migliaia di telecamere a circuito chiuso, rivelando per la prima volta quali aree della città sono più esposte alla sorveglianza tramite la tecnologia di riconoscimento facciale. I risultati pubblicati mostrano che in quasi ogni angolo della città si può essere sottoposti a riconoscimento facciale per fini identificativi e che questo vale soprattutto nei quartieri dove la percentuale di abitanti non caucasici è maggiore (Bronx, Queens e Brooklyn).

Nell’ambito della campagna Ban the Scan, Amnesty International ha lanciato un sito che consente agli utenti di scoprire quanto un percorso pedonale tra due luoghi di New York possa essere esposto alla sorveglianza di massa. Uno strumento di difesa per i cittadini contro la violazione della privacy e il razzismo sistemico delle forze dell’ordine.