La paura di smarrire la propria umanità, in un mondo dominato da una tecnologia sempre più centrale e indispensabile, si sta trasformando in realtà. Una componente fondamentale che costituisce la natura umana è la memoria: “un processo dinamico, creativo e incarnato nella biologia stessa del nostro sistema nervoso”. Un contenitore non sempre perfetto di ricordi ed emozioni, che negli ultimi anni si scontra con un altro tipo di memoria, quella digitale.
Al contrario della nostra memoria, la memoria digitale si presenta come un artefatto rigido e perfetto dalla natura plastica, che raccoglie dati facilmente accessibili in pochi secondi, promettendo un ricordo eterno e cancellando la paura di dimenticare.
Ma a quale prezzo?
La memoria umana è imperfetta, soggetta ad oblio ed emozioni. L’oblio, spesso visto negativamente, è in realtà un meccanismo adattivo che favorisce il benessere, permettendo alla mente di rinnovarsi. Le emozioni, invece, influenzano profondamente i ricordi, soprattutto nei momenti intensi, rendendoli meno affidabili. Al contrario, la memoria digitale è precisa e rigida: non consente flessibilità creativa e conserva dati in modo freddo e immutabile, utile però per consultare il passato. In questo contesto è emerso il concetto di cognitive offloading, ovvero la tendenza a delegare alla tecnologia funzioni mentali. Studi recenti mostrano che, sapendo di poter accedere facilmente alle informazioni salvate, le persone tendono a memorizzarle di meno.
La permanenza dei dati nella memoria digitale sta sollevando gravi implicazioni etiche e psicologiche, tanto che si parla di “tirannia del ricordo”. Per contrastare quest’ultima sul piano legislativo, è nato in Europa il diritto all’oblio, che permette di richiedere la deindicizzazione di link e la rimozione di dati non più pertinenti dai motori di ricerca. Questo diritto non è assoluto, anzi si può adottare solo in presenza di determinate condizioni. Riconosciuto in Italia dagli anni ’90, ha assunto una rilevanza globale nel 2014 con la sentenza Google Spain e nel 2018 è stato rafforzato nell’Art. 17 del Regolamento Generale sulla Protezione dei dati.
L’obiettivo da raggiungere per tutelare le nostre capacità cognitive, è costruire un’ambiente digitale consapevole, in cui poter integrare la tecnologia senza rinunciare al pensiero critico e alla memoria.
C.Z.
