SCOPPIA IL CASO “SOCIAL MEDIA GIRLS” DOPO LA DENUNCIA DELLA GIORNALISTA BARRA

La presenza dell’AI nelle nostre vite è indispensabile, basti pensare a molti settori della nostra società che stanno adottando questi nuovi strumenti per supportare il lavoro umano. Tuttavia, il loro utilizzo non sempre rientra nei limiti della legalità: la diffusione di queste tecnologie ha portato con sé nuove forme subdole di violenza digitale, come i deepfake (anche a sfondo sessuale).

Negli ultimi mesi hanno fatto clamore il gruppo Facebook sessista “Mia Moglie” e la piattaforma “Phica.ue” per la condivisione di foto private a sfondo sessuale sia di esponenti di spicco del panorama nazionale e internazionale sia di persone comuni, senza il consenso delle persone ritratte, affiancata da duri commenti sessisti. Questi siti sono stati chiusi dalla polizia postale e i gestori indagati. Ma le dure reazioni dell’opinione pubblica e i provvedimenti penali che sono stati intrapresi contro i soggetti coinvolti non hanno fermato questa “violenza digitale”.

La giornalista Francesca Barra ha denunciato ieri in un lungo post sui social di essere vittima di questo abuso, dopo aver scoperto la diffusione di immagini generate dall’AI che la ritraevano nuda sulla piattaforma “Social Media Girls” che ospita circa 7 milioni di utenti e che per accedervi basta solamente dichiarare di essere maggiorenni.  La giornalista  ha dichiarato che quanto subito da lei e da molte altre donne italiane famose (tra cui Chiara Ferragni, Benedetta Parodi, Federica Nargi,Caterina Balivo, Diletta Leotta, Selvaggia Lucarelli, Sophia Loren…) è una violenza che lede la dignità, la reputazione e la fiducia e costituisce <<un furto dell’immagine del corpo e della libertà di essere viste come si è>>.

Rispetto a quanto sta accadendo in questi mesi, la alle forme di violenza di genere nel mondo online, la Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio e su ogni violenza di genere  si sta occupando di mettere a punto la bozza della relazione su questo tema nel mondo digitale nel mondo digitale guardando alla nuova legge sull’AI (132/25).

Sul piano giudiziario, oltre ad intervenire chiudendo i siti e “bloccando” la diffusione dei contenuti, la legge sui deepfake (612-quater c.p.) punisce i soggetti coinvolti fino a 5 anni di carcere.

 

C.Z.


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