Nel 2025 un’operazione della Guardia di Finanza ha individuato circa 6.000 utenti coinvolti nell’uso di sistemi illegali che permettevano di visionare gratuitamente contenuti a pagamento. Al centro dell’indagine c’è il cosiddetto “pezzotto”, un dispositivo che consente di avere libero acceso a contenuti protetti da diritti, sfruttando segnali rubati e ritrasmessi attraverso reti parallele gestite da broker digitali.
Questi servizi pirata offrono abbonamenti mensili a costi irrisori, pagati spesso con carte di credito o strumenti elettronici, aggirando le piattaforme ufficiali come DAZN, Sky o Netflix.
Le norme oggi puniscono non solo chi organizza e vende questi servizi, ma anche chi ne usufruisce. In base all’articolo 174-ter della legge sul diritto d’autore, infatti, chi guarda contenuti illegalmente può essere multato con sanzioni che vanno da 154 a 5.000 euro. Oltre alla confisca dei dispositivi usati è inoltre prevista la possibile pubblicazione del nome del trasgressore su giornali nazionali e, nel caso fossero coinvolte delle attività commerciali, la revoca delle licenze.
L’Agcom, l’Autorità per le comunicazioni, ha introdotto anche un sistema chiamato “Piracy Shield” per bloccare a monte questi servizi illegali, agendo su DNS, VPN e altri strumenti che nascondono l’origine degli accessi. Tuttavia, nel 2024 il sistema ha dimostrato di essere fallace, quando un malfunzionamento ha temporaneamente bloccato alcuni servizi di Google del tutto estranei alla pirateria.
Attualmente è oggetto di discussione alla Camera l’idea di inasprire le multe, fino a prevedere sanzioni oltre i 16.000 euro, con l’obiettivo di disincentivare questa pratica sempre più diffusa che comporta rischi concreti, non solo per chi la organizza, ma anche per chi la utilizza.
S.B.