AGE VERIFICATION TRA LE CONTESTAZIONI DEL DIGITAL SERVICES ACT

L’entrata in vigore definitiva del Digital Services Act (DSA) aumenta la protezione di chiunque si imbatta anche occasionalmente nei servizi online prevedendo una serie di nuovi e stingenti obblighi per i fornitori di piattaforme online e misure adeguate e proporzionate per tutelare i minori, progettando interfacce online con il massimo livello di privacy e sicurezza.

La responsabilità di chi progetta, gestisce e amministra le piattaforme di servizi aumenta notevolmente anche e soprattutto nei confronti dei minorenni, considerati soggetti vulnerabili sia come target pubblicitari sia come potenziali vittime di abusi. I fornitori di piattaforme online non dovranno presentare inserzioni pubblicitarie basate sulla profilazione utilizzando i dati personali del destinatario del servizio se sono consapevoli che il destinatario è un minore.

Ai minorenni, infatti, il Digital Services Act dedica molti passaggi, sia nelle premesse metodologiche sia nelle norme. A cominciare dall’informativa (articolo 14): «Se un servizio intermediario è principalmente destinato a minori o è utilizzato in prevalenza da questi, il prestatore di tale servizio intermediario spiega in modo comprensibile per i minori le condizioni e le restrizioni che si applicano all’utilizzo del servizio». I monopolisti della rete dovranno prevedere l’adozione di misure «mirate per tutelare i diritti dei minori, compresi strumenti di verifica dell’età e di controllo parentale, o strumenti volti ad aiutare i minori a segnalare abusi o ottenere sostegno».

Per garantire tutele specifiche all’interno degli ambienti delle piattaforme social, è necessario che vi sia un accertamento dell’età del soggetto che si iscrive e accede agli stessi. Pertanto, la selezione e valutazione degli strumenti di age verification è un obbligo che ricade inevitabilmente sui gestori delle piattaforme per una differenziazione dell’offerta e la proposta dei contenuti a seconda della minore età o meno dei partecipanti. Tutto ciò comporta in modo altrettanto inevitabile un’attività di monitoraggio automatizzato che oltre a richiamare le tutele previste dell’art. 22 del GDPR deve essere oggetto di particolari attenzioni in ragione dell’estensione, profondità e persistenza dell’attività e del relativo rischio intrinseco nei confronti degli interessati.

Per accedere a un servizio online, secondo le regole europee della privacy (GDPR, Regolamento 2016/679), è necessario «esprimere il consenso» al trattamento dei dati. Per il legislatore Ue un minore di 16 anni non è in grado di farlo e serve l’assistenza dei genitori, asticella che però il parlamento italiano ha abbassato (lecitamente) a 14 anni, soglia sotto la quale l’accesso del minore ai servizi deve sempre essere “autorizzato” da mamma e papà – e la piattaforma ha l’onere di verificare che ciò avvenga.

 

C.T.