Emergenza coronavirus: gli effetti collaterali si fanno sentire e non vanno sottovalutati

Le organizzazioni governative deputate alla tutela della salute, ormai da mesi, informano costantemente sulle misure preventive da attuare contro la diffusione del COVID-19 e lo sviluppo dei vaccini. Nessuno però si sofferma nella maniera corretta a riflettere sulle conseguenze psicologiche che questo periodo di pandemia e successivo isolamento sociale può avere avuto o avere attualmente sulle persone. Infatti, fattori come lisolamento sociale, la reclusione in casa ed il peso dell’incertezza generale, possono colpire duramente l’equilibrio mentale.

La rivista scientifica The Lancet, a tal proposito, non molto tempo fa, ha pubblicato uno studio sull’impatto psicologico del Coronavirus, mettendolo in relazione ad altre situazioni simili del passato, come la quarantena causata nel 2003 dall’epidemia da SARS. In quella situazione, la popolazione fu costretta a rimanere in quarantena per dieci giorni, periodo che è servito agli psicologi locali per analizzare l’effetto di questo genere di emergenza. Grazie ai dati raccolti, all’osservazione e al confronto di quanto si è verificato durante l’isolamento e di ciò che si sta vivendo adesso, è stato possibile riconoscere le conseguenze psicologiche principali del Coronavirus.

Le ricercatrici che hanno portato a termine lo studio sono giunte alla conclusione che, superati i dieci giorni di isolamento totale, la mente inizia a cedere. Dall’undicesimo giorno compaiono stress, nervosismo ed ansia maggiore, dovuti all’incertezza di ciò che sarà.

Entrando più nello specifico della malattia, una delle conseguenze psicologiche più evidenti del COVID-19 è tuttora per molte persone la paura di essere infettati o di poter infettare gli altri senza saperlo. È importante sottolineare che, quando una situazione di epidemia si espande, la mente umana tende a sviluppare delle paure irrazionali. Spesso non basta prestare ascolto alle fonti informative affidabili, né essere a conoscenza delle misure di sicurezza semplici e necessarie: è possibile, infatti, aver sviluppato paure sempre più infondate, come il timore irrazionale che l’infezione possa provenire dagli alimenti, oppure che possa essere trasmessa dagli animali domestici.

Rispetto ai contagi, per i molti che sono stati colpiti dall’infezione, il Covid19 ha rappresentato una vera e propria sfida, non solo sul piano fisico ma anche psicologico. E se per alcuni, aver vinto il Covid19 ha consentito un graduale ritorno alla normalità, per altri le conseguenze a lungo termine dell’infezione continuano ad essere presenti dando origine a quella che ormai è stata ribattezzata come la sindrome Long-COVID.

In alcuni casi il perdurare dei sintomi può alimentare quel senso di rifiuto di lasciare la propria casa, per paura di esporsi a possibili minacce, anche a fronte della fine del periodo di isolamento forzato. Questo è ciò che caratterizza il fenomeno della “sindrome della capanna” di cui si è sentito parlare nei mesi scorsi, a seguito dell’allentamento delle misure di contenimento della prima fase.

Sulla base di ricerche pubblicate dai principali Centri di ricerca mondiali, è emerso infatti che alcuni sintomi (stanchezza, debolezza, stato d’ansia, insonnia ecc..) legati all’infezione spesso non svaniscono subito, ma si manifestano anche nei periodi successivi, impattando sulla qualità della vita dei pazienti. Tali sintomi vanno a costituire quella che viene identificata come una vera e propria sindrome “Post-COVID”, altrimenti detta Long-COVID come precedentemente evidenziato, la quale colpisce non pochi pazienti che sono risultati positivi all’infezione.

Per concludere, c’è un fattore che accomuna tutti in questo periodo di post pandemia. E’ un fattore pericoloso, che può impattare negativamente sulla salute mentale della popolazione ed in particolar modo su quella di chi già precedentemente soffriva di qualche disagio o disturbo psicologico: il pensiero catastrofico. Si tratta della tendenza ad anticipare sempre il peggio, quella voce che sussurra che non ci sarà più lavoro, che le cose non torneranno come prima, che qualche persona cara non ce la farà, che l’economia crollerà.

Secondo alcuni studiosi, tutto questo potrà essere sconfitto nel lungo periodo solo grazie ad una serie di buone pratiche messe in atto dai singoli cittadini, come praticare attività positive, affrontare le proprie emozioni e trovare sempre un motivo in più per tornare alla normalità. A ciò, si unirà la speranza che in tempi brevi il percorso di vaccinazione nazionale possa essere completato e che il 2020 possa essere lasciato indietro come un anno disastroso.