Un uomo ed una donna di Reggio Emilia sono stati assolti dall’accusa di falso ideologico dal giudice Dario De Luca, con una sentenza storica: il dpcm di Conte risulta incostituzionale.
La coppia, durante il primo lockdown, era uscita di casa senza un valido motivo, mostrando un’autocertificazione falsa e per questo era stata denunciata dai carabinieri, dai quali era stata fermata per un controllo di routine.
La denuncia è scattata in un secondo momento, a seguito dei controlli effettuati dalle forze dell’ordine, relativi al presunto motivo per cui la coppia era uscita, ovvero delle analisi cliniche da compiere: quando l’ospedale competente ha dichiarato che non era mai stato svolto nessun esame sulla donna, è stata effettuata la denuncia, che prevede una pena fino a due anni di reclusione.
Secondo il giudice emiliano, tuttavia, la coppia aveva tutto il diritto di uscire di casa perché il primo dpcm di Conte non rispettava la Costituzione: i coniugi, infatti, sono stati assolti con la formula “il fatto non costituirebbe reato”. Secondo De Luca il reato non è configurabile dal momento che si sarebbe trattato di un “falso inutile”, poiché gli imputati sono stati costretti a sottoscrivere un’autocertificazione incompatibile con lo stato di diritto del nostro Paese. Le affermazioni del giudice si basano sul fatto che quel dpcm emanato dall’ex governo Conte sarebbe illegittimo. Tra le motivazioni della sentenza storica, si spiega, infatti, che in base alla Costituzione, le limitazioni alla libertà personale possono essere imposte solo in base ad un atto dell’autorità giudiziaria e non invece a un atto amministrativo, quale è il decreto emanato dall’ex Presidente del Consiglio.
Inoltre, le restrizioni avrebbero dovuto essere disposte “nei casi e nei modi previsti dalla legge” e non con limitazioni generalizzate ed assolute della libertà personale, come invece si è verificato.
Il giudice del Tribunale di Reggio Emilia ha annullato quindi le sanzioni imposte precedentemente. Di conseguenza, secondo il giudice, il dpcm dell’8 marzo 2020 avrebbe violato l’articolo 13 della Costituzione, che vieta le limitazioni alla libertà personale, e l’articolo 16 che sancisce una libertà di circolazione che l’autorità amministrativa non può limitare.