CRESCE IL DISSENSO SULL’AI ACT

Per mesi le critiche all’AI Act sono giunte prevalentemente dagli USA e dalle big tech americane, oggi il dissenso però si manifesta anche in Europa. 33 tra imprenditori, investitori e startupper hanno firmato una lettera aperta, indirizzata alla Commissione europea, per chiedere di mettere in pausa l’implementazione del regolamento: procedere senza chiarezza normativa espone le aziende a interpretazioni conflittuali, mette a rischio l’innovazione e scoraggia gli investimenti.

Il tempismo della lettera non sembra casuale: l’1luglio, infatti, la Danimarca ha assunto la presidenza del Consiglio dell’Unione europea e ha annunciato l’intenzione di farsi portavoce delle preoccupazioni dei Paesi nordici sull’applicazione dell’AI Act.

Tra i firmatari della lettera figurano nomi di un certo peso, tra cui ad esempio Tomas Okmanas, cofondatore di Nord Security e Nexos.ai. Per molti di coloro che hanno sottoscritto la lettera, il problema centrale risulta essere l’assenza di indicazioni pratiche e semplici, soprattutto per le startup più giovani che, prive di risorse legali interne, rischiano di non sopravvivere all’incertezza.

Segnali di disagio arrivano anche da contesti esterni alla dichiarazione: Lorenzo Luce, CEO di Bigprofiles.ai, ha diffuso un intervento alla Camera dei deputati italiana in cui denuncia un clima di incertezza e di paura per le sanzioni che potrebbe interrompere l’adozione dell’AI nei settori ad alta dinamicità.

Gli organismi incaricati di redigere gli standard tecnici, come CEN e CENELEC, hanno già messo le mani avanti avvertendo che la pubblicazione di tali informazioni non arriverà prima del 2026. Il presidente di Uninfo, Mimmo Squillace, spiega che il processo di normazione, poiché si basa sul consenso di 34 Paesi, risulta essere molto complesso, e che la difficoltà principale è legata alla necessità di tradurre principi immateriali in requisiti verificabili.

Così infatti si esprime: «Il sistema della normazione tecnica è basato sul consenso, ed è facile trovarlo su temi tecnici. Ma con l’AI Act ci troviamo davanti qualcosa di immateriale, come i diritti fondamentali, necessari per la conformità ma più complessi da inquadrare».

 

S.B.


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