DIFFAMAZIONE, PRIMA CONDANNA DI UN SOCIAL NETWORK IN ITALIA

Il giudice del tribunale civile di Milano ha stabilito che Facebook (ora Meta) dovrà corrispondere un risarcimento di 10.000 euro a Snaitech Spa (ex Snai, noto operatore di scommesse) ed a due sue dirigenti, a causa della creazione nel 2019 di due pagine da parte dello stesso utente, nominate “Snaitech Truffa” e “Truffa Snaitech”.

Nonostante l’ammontare del risarcimento sia di natura simbolica rispetto alla cifra inizialmente richiesta di 200.000 euro, questa sentenza potrebbe rappresentare un precedente importante in merito alla gestione e alla responsabilità dei social network. Infatti, fino ad oggi erano stati ritenuti responsabili delle diffamazioni esclusivamente gli utenti, mentre chi gestisce la piattaforma veniva escluso dalla responsabilità.

Il giudice ha ritenuto che l’autore del contenuto pubblicato su Facebook abbia attribuito ai soggetti in questione la responsabilità di crimini sulla base di pure opinioni personali. In realtà, nella vicenda legale precedente che ha scatenato l’ira dell’utente, Snaitech era stata solamente accusata di un mero inadempimento contrattuale e quindi il post dell’utente era risultato diffamatorio e lesivo dell’immagine della società e dei suoi dirigenti.

Quando i legali di Snaitech avevano chiesto a Facebook di rimuovere le pagine, il social network aveva risposto che “non è chiaro come il contenuto segnalato sia diffamatorio, violi i suoi diritti o sia altrimenti illecito”. La rimozione non tempestiva, avvenuta solo nel luglio 2019, è stata l’elemento chiave che ha portato alla sentenza.

Il giudice ha infatti affermato che l’hosting provider (in questo caso Facebook) non è tenuto ad un obbligo generale di supervisione sulle informazioni che trasmette o archivia, come invece lo è il direttore di una testata giornalistica. Tuttavia, sussiste una responsabilità civile omissiva se l’hosting provider non rimuove i contenuti illeciti di cui è a conoscenza.

Alla fine, nonostante il giudice abbia deciso per un risarcimento ridotto al 5% della cifra richiesta visto il basso riscontro mediatico delle pagine, questa sentenza è molto importante perché per la prima volta in Italia condanna una piattaforma per diffamazione e, così facendo, crea un precedente giurisprudenziale molto significativo.

(S.F.)