GARANTE PRIVACY, NO AL DIRITTO ALL’OBLIO PER REATI GRAVI

Il Garante privacy con il provv.n.204/2023 ha ritenuto infondata la richiesta di “deindicizzazione” di alcuni articoli presentata da un uomo condannato a due anni di reclusione (il quale aveva peraltro già scontato la propria pena) per detenzione di materiale pubblicato dall’organizzazione terroristica internazionale Al-Qaida.

Il diretto interessato aveva inoltrato istanza all’Authority per imporre a Google la rimozione dai risultati nel motore di ricerca di almeno 18 URL riferibili ad articoli che riportavano la notizia di un suo arresto avvenuto nel 2019 nel Regno Unito per detenzione di informazioni ritenute utili a preparare o compiere un atto terroristico.

A suo dire, avendo ormai interamente scontato la pena ed essendo rientrato in Italia, la permanenza in rete di tali notizie gli avrebbe impedito di ricostruirsi una nuova vita e di trovare lavoro e poter così fronteggiare le responsabilità familiari.

Nel rigettare la richiesta, il Garante della privacy ha ricordato che non si può procedere alla deindicizzazione di informazioni recenti quando a prevalere è l’interesse generale alla reperibilità delle notizie a causa della gravità delle condotte poste in essere dall’interessato.

Nel caso specifico, il reclamante aveva commesso un reato di particolare allarme sociale legato al possesso di materiale appartenente a un’organizzazione terroristica internazionale come Al-Qaida. Per quanto riguarda il fattore tempo, altro elemento importante per la valutazione del caso, l’intervallo di pochi mesi intercorso dalla conclusione della vicenda giudiziaria e dall’espiazione della pena della reclusione è risultato decisamente limitato, non potendosi perciò qualificare le informazioni come risalenti nel tempo, né ancora prive di interesse pubblico.