IL CASO “BABY CUBISTE” FA SCUOLA SULLA TUTELA DELLE FOTO SOCIAL

Il caso riguardante le “baby cubiste” è stato uno dei primissimi a finire sotto la lente d’ingrandimento delle corti italiane per quanto concerne la violazione del diritto d’autore su un social network.

La vicenda ha visto implicato un noto quotidiano nazionale che aveva pubblicato alcune fotografie che ritraevano giovani cubiste nei locali della movida romana a corredo di un articolo su questo fenomeno di costume.

Dettaglio non da poco l’essersi procurato queste immagini dalla pagina Facebook di un ragazzo di Roma senza aver ricevuto alcuna autorizzazione e senza aver citato l’autore delle stesse.

I genitori del ragazzo (minorenne) sono intervenuti citando in giudizio il giornalista e il direttore del quotidiano e chiedendo il risarcimento del danno per violazione dei diritti d’autore sulle fotografie incriminate.

A loro difesa i convenuti affermavano che dal momento della pubblicazione il titolare dei diritti fosse diventata la piattaforma di Facebook stessa, aggiungendo inoltre che tali fotografie non riportavano le indicazioni richieste dalla legge al fine dell’opponibilità ai terzi.

Con una sentenza del 1° giugno 2015, il Tribunale di Roma ha smentito la possibilità di una piattaforma di appropriarsi dei diritti d’autore di un contenuto pubblicato sulla stessa, che spettavano dunque al ragazzo.

La Corte ha poi riconosciuto le immagini come semplici fotografie, non creative in quanto non presente in alcun modo l’impronta personale del fotografo.

Il quotidiano e il giornalista sono stati riconosciuti colpevoli in quanto sussistente la malafede “individuata nel comportamento gravemente colposo, consistente nella possibilità di conoscere, secondo l’ordinaria diligenza, il titolare dei diritti patrimoniali esclusivi sulle immagini fotografiche riprodotte sul giornale”.

In quanto pubblicate su social network in cui, oltre al nome utente, viene indicata anche la data di pubblicazione, erano stati rispettati inoltre gli oneri previsti dall’art.90 LA, che rendevano i diritti su quelle foto opponibili al quotidiano.