INTERNET ARCHIVE, CONTINUA LA BATTAGLIA LEGALE DEGLI EDITORI

Internet Archive è la più nota biblioteca digitale, che conta oltre 70 petabyte
(l’equivalente di 70,000,000 Gigabytes) di informazioni scansionate e archiviate a
partire dal 1996.

Ventisei anni fa il giovane informatico statunitense Brewster Kahle ebbe l’idea di
strutturare una biblioteca gratuita per gli utenti del web e raccogliere tutte le opere
pubblicate dall’ umanità. L’unico vincolo prima di marzo 2020 era la disponibilità
online a un utente per volta.

A seguito del lockdown, molte librerie e biblioteche cessarono la loro attività
improvvisamente. Data la situazione di emergenza, l’Internet Archive reagì con il
piano “National Emergency Library”, facilitando l’accesso gratuito ai libri presenti
sulla piattaforma Open Library. Fu quindi rimosso temporaneamente il limite agli
utenti, consentendo loro di consultare contemporaneamente un determinato volume.
Questa iniziativa non è stata apprezzata, né tanto meno tollerata, da autori e case
editrici, che hanno accusato l’Internet Archive di pirateria e deciso di fare causa per
violazione del diritto d’autore.

La biblioteca digitale no profit, che prevedeva di concludere questo progetto nel
giugno 2020, si è trovata costretta ad interromperlo prematuramente per andare
incontro alle richieste degli editori. Ma questi ultimi non hanno ritirato la causa. È
così a rischio l’esistenza dell’Internet Archive, in quanto si tratta uno strumento
pionieristico utilizzato quotidianamente da circa 1,5 milioni di persone e che offre
servizi fondamentali come la Wayback Machine, attraverso la quale archivia molti
dei contenuti della rete che altrimenti rischierebbero di sparire.

Secondo numerosi esperti, tra cui Greg Newby (amministratore delegato della più
antica biblioteca digitale, Project Gutenberg, che raccoglie volumi il cui diritto
d’autore è scaduto), gli editori vogliono punire la logica del Controlled Digital
Lending (Cdl, “prestito digitale controllato”). I librai (anche tradizionali) su richiesta
scannerizzano i libri che hanno in dotazione, li rendono disponibili online e
rimuovono contemporaneamente il volume fisico dallo scaffale. Quindi sono i
bibliotecari stessi a scannerizzare e rendere digitali anche volumi che non esistono in
versione ebook, e possono conservarne la copia digitale per sempre. Il Cdl porta
vantaggi sia per i bibliotecari, sia per i lettori, sia per gli autori stessi che sono
disposti a vedere diffusa la loro opera anche gratuitamente o a costi ridotti.

Ma la maggior parte delle biblioteche utilizzano un altro metodo più apprezzato dagli
editori, ovvero pagano un abbonamento ad applicazioni che mettono in prestito i libri
ma solo un determinato numero di volte e per un certo periodo. Se la biblioteca non
rinnova l’abbonamento i libri diventano irreperibili.
Tuttavia la questione dell’Internet Archive non riguarda solo il mondo dei libri
perché custodisce anche periodici, album musicali, film e spettacoli televisivi e tutti
sottoposti a copyright.

Al momento, la causa portata avanti dagli editori riguarda solo le 127 opere custodite
nell’archivio di proprietà delle case editrici querelanti. Se il giudice dovesse dare
ragione agli editori, l’Internet Archive si troverebbe a pagare circa 19 milioni di
dollari.