La burocrazia tiene lontani i giovani medici dagli ospedali

L’emergenza Coronavirus ha messo a nudo le carenze del sistema sanitario nazionale, che avrebbe bisogno di più posti letto e di un numero decisamente più elevato di medici. Tra i paradossi c’è il fatto che 5.700 medici in tutt’Italia, ormai laureati da mesi, non possono tornare utili in questa delicata battaglia per arginare il contagio da Covid-19 perché non ancora abilitati.

Il 28 febbraio 2020 avrebbero dovuto sostenere la parte scritta del loro esame di Stato, necessario per poter svolgere la professione medica, ma sono stati fermati dalle norme restrittive emanate dal governo per fronteggiare la diffusione del virus. La prossima data è il 7 aprile 2020, nella speranza che fino ad allora la situazione sia più serena. Ma non è detto che la prova non venga nuovamente rinviata. Ecco perché i diretti interessati premono affinchè venga svolta <tramite applicazione telematica con identità SPID, non necessariamente in ambiente universitario, in modo da evitare l’aggregazione di numerose persone, e, allo stesso tempo, da garantire il regolare svolgimento dell’esame>.

Si tratta di medici neo-laureati, che hanno frequentato per almeno sei anni il corso di laurea in medicina e chirurgia, acquisito 360 crediti formativi, fatto 2500 ore di tirocinio e, dopo la laurea, iniziato il percorso per l’abilitazione, che, ad oggi, consta di una parte pratica (3 mesi di tirocinio pratico-valutativo) e di una scritta.

I 5700 medici in attesa dell’abilitazione hanno già tutti concluso la prima parte dell’esame, ovvero il tirocinio pratico, durante il quale sono stati valutati dai loro tutor (medici ospedalieri e medici di medicina generale) idonei o meno a sostenere la parte scritta – la quale, negli ultimi 3 anni, ha avuto un tasso di superamento pari al 99,3%. Si tratta, perciò, di poco più di una formalità.

Sembra assurdo che, in questo periodo di emergenza sanitaria e con grande carenza di personale, non si pensi a una soluzione valida e lungimirante per sbloccare al più presto questi giovani medici, ma si pensi, invece, di richiamare professionisti della salute in pensione, notoriamente più a rischio, per via dell’età avanzata.

Sono settimane ormai che questimedici stanno cercando di sensibilizzare le istituzioni competenti al problema, cercando di portare alla loro attenzione valide proposte per poter prestare la loro opera in questa emergenza. Per di più, vi è disparità di gestione delle varie figure sanitarie, visto che la sessione di laurea degli infermieri è stata rapidamente anticipata in modo da avere più risorse.