Con l’entrata in vigore della legge n.132/2025 (la prima legge italiana sull’AI) si riconosce il reato di deepfake. Ma cosa significa “deepfake”? Con questo termine ci si riferisce a immagini, video o audio, generati o alterati dall’AI che vengono diffusi senza l’autorizzazione della persona ritratta e a danno della stessa.
Questo reato è previsto e punito dall’articolo 612-quater, che ha introdotto il deepfake e le sue declinazioni in aggiunta a quanto riconosciuto e stabilito dall’articolo 612-ter (revenge porn).
Che cosa stabilisce l’art.612-quater? Mentre l’art. 612-ter punisce il revenge porn, ossia la diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti senza consenso del soggetto ritratto, con la reclusione da 1 a 6 anni e multa da € 5.000 a € 15.000; l’articolo 612-quater comporta la detenzione da 1 a 5 anni per coloro che infliggono danni ingiusti ad una persona, cedendo, pubblicando o diffondendo a terzi, senza il suo consenso, contenuti alterati o falsificati attraverso l’AI e capaci di ingannare sulla loro autenticità.
In entrambi i casi è possibile procedere d’ufficio se sussistono delle aggravanti, per esempio se le vittime sono persone fragili o se si tratta di un’autorità pubblica.
Nonostante la legislatura identifichi questi fenomeni come reati, i grandi colossi tech sembrano andare in una direzione diversa. Nello specifico, su Meta sono circolate per settimane pubblicità a diversi siti che veicolano scene di nudo o atti sessuali espliciti generati con i sistemi di Intelligenza Artificiale.
A fronte di quanto sta accadendo online ad oggi, gli art.612-ter e 612-quater costituiscono un primo passo verso il riconoscimento delle forme di violenza digitale nate a causa dell’uso errato delle nuove tecnologie intelligenti.
C.Z.
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