PEGASUS E VIOLAZIONE DELLA PRIVACY: CONDANNATA NSO GROUP

Ci sono voluti sei anni, ma alla fine è arrivata la prima condanna concreta contro chi sviluppa spyware destinati a violare la nostra privacy. Un tribunale federale statunitense ha ordinato alla società israeliana NSO Group di risarcire WhatsApp e la sua società madre Meta con 167,25 milioni di dollari, oltre a un indennizzo diretto di 440.000 dollari alle vittime dell’attacco condotto tramite Pegasus.

Era il 2019 quando WhatsApp rilevò un attacco anomalo: bastava una videochiamata per infettare il telefono della vittima con Pegasus, software capace di accedere a messaggi, microfoni, videocamere e geolocalizzazione senza che l’utente se ne accorgesse. A scoprirlo fu il Citizen Lab, che documentò l’utilizzo dello spyware contro giornalisti, attivisti e politici, per conto di governi autoritari.

Il caso ha segnato un punto di svolta: WhatsApp è stata la prima piattaforma a portare in tribunale i creatori di un software di sorveglianza, aprendo la strada a una possibile responsabilizzazione concreta dell’industria della sorveglianza globale. NSO, dall’altro lato, continua a difendere l’uso del software come “fondamentale contro il terrorismo”, annunciando ricorso.

Questa azione legale pone una questione: quanto siamo disposti a sacrificare la nostra privacy in nome della sicurezza?

Il coinvolgimento del Citizen Lab di Toronto nella scoperta delle attività di Pegasus sottolinea l’importanza di una vigilanza etica nella tecnologia. Questo centro di ricerca, attivo nella difesa dei diritti digitali, ha dimostrato come investigazione e trasparenza possano sfidare i poteri opprimenti.
In un’epoca in cui la sorveglianza vale più della trasparenza, è necessario mantenere alta la guardia contro gli abusi della tecnologia. La decisione del tribunale americano ci ricorda che la difesa della privacy non è solo una battaglia legale, ma anche un passo verso un futuro in cui i diritti umani possano prevalere sul controllo indiscriminato.
A.C.

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