PIZZAGPT, SFIDA AL GARANTE DELLA PRIVACY

Mentre si attende di sapere se entro due settimane OpenAi riuscirà a soddisfare le richieste del Garante della privacy sul trattamento dei dati personali da parte di ChatGPT, sono emerse varie alternative. Tra queste c’è PizzaGPT, che ha rapidamente offerto al pubblico un’opzione altamente accessibile e di facile digeribilità, diventando un fenomeno su scala nazionale.

Il suo obiettivo è diventare “ChatGPT per l’Italia”, ovvero offrire un sistema di accesso per continuare a utilizzare quei servizi di generazione di testi.

Il progetto è di Lorenzo Cella, software engineer italiano che lavora in Svizzera. Cella ha creato un’interfaccia che attinge alle risorse informatiche di ChatGPT senza però andare a toccare i punti vulnerabili che hanno determinato la sospensione temporanea del trattamento dei dati da parte del chatbot originale. “Le questioni sulla privacy sono varie e andrebbero affrontate caso per caso. Per allenare un modello c’è bisogno di una grande quantità di dati che sono stati presi – immagino – da informazioni pubbliche disponibili su internet. Il punto più difficile è forse quello relativo al training dell’intelligenza artificiale, in quanto difficile da controllare”,sostiene Cella.

PizzaGPT adopera l’interfaccia di programmazione dell’applicazione di ChatGPT: per ogni richiesta effettuata deve pagare qualche centesimo a OpenAi, un onere che il suo creatore non ammortizza raccogliendo i dati dei visitatori, ma chiedendo donazioni libere dal valore “equivalente di una pizza”, ovvero nove euro.

Se le intelligenze artificiali generative sono considerate ormai un elemento indispensabile, quanti utenti sono disposti ora come ora a mettere mano al portafoglio per consultarle? Stando al riscontro ottenuto dai finanziamenti a PizzaGPT, non molti.

 

(V.M)