Sono molti i diritti costituzionali che ognuno di noi è chiamato a rispettare ogni giorno e l’inoltro di uno screenshot potrebbe avere impatti significativi su alcuni di questi e meriterebbe quindi una previa attenta valutazione.
La libertà di manifestare liberalmente il nostro pensiero, infatti, deve essere sempre attentamente controbilanciata con il rispetto dei diritti inviolabili di ogni persona.
Come si illustrerà di seguito, al verificarsi di particolari condizioni, l’azione di colui che invia screenshot a soggetti terzi potrebbe configurare le seguenti fattispecie penali di recentissima introduzione.
1) Il reato di cui all’art. 612-ter c.p. rubricato “Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti” (c.d. “revenge porn”)
In primo luogo, la condotta di chi invia screenshot ad altre persone può configurare il reato previsto dall’art. 612-ter c.p., comunemente noto ai più con l’espressione anglosassone “revenge porn” e recentemente introdotto dalla Legge n. 69/2019 (c.d. Codice Rosso).
Interessante risulta essere la definizione fornita dal Garante della Privacy a questo fenomeno: “Il revenge porn e, più in generale, il fenomeno della pornografia non consensuale, consiste nella diffusione di immagini pornografiche o sessualmente esplicite a scopo vendicativo (ad esempio per “punire” l’ex partner che ha deciso di porre fine ad un rapporto amoroso), per denigrare pubblicamente, bullizzare e molestare la persona cui si riferiscono. Si tratta quindi di una pratica che può avere effetti drammatici a livello psicologico, sociale e anche materiale sulla vita delle persone che ne sono vittime.”.
Al fine di prevenire e difendersi da questa condotta illecita il Garante ha anche diffuso sul proprio sito istituzionale di suggerimenti ad hoc (https://www.garanteprivacy.it/documents/10160/0/Revenge+porn+e+pornografia+non+consensuale.+I+suggerimenti+del+Garante+per+prevenirli+e+difendersi.pdf/ca0ec1b8-3805-5aa8-8771-e8bf6287c925?version=4.0).
Ecco di seguito alcuni preziosi consigli forniti dal Garante:
- adottare adeguate misure di sicurezza (esempio, password o sistemi di crittografia) a protezione delle proprie immagini che ritraggono scene di nudo;
- proteggere i minorenni: i genitori devono sia evitare di far utilizzare dispositivi digitali ai propri figli piccoli se sono da soli, ma devono anche monitorare il loro comportamento online e spiegarli con chiarezza perché è bene evitare di interagire con sconosciuti e diffondere informazioni personali, soprattutto foto e filmati, tramite messaggi e social network;
- la vittima di revenge porn deve quanto prima rivolgersi alla Polizia postale (https://www.commissariatodips.it/) per denunciare il reato e al titolare del trattamento o al Garante per la protezione dei dati personali (gpdp.it) per richiedere la cancellazione delle immagini sessualmente esplicite che la riguardano.
Nello specifico l’articolo 612-ter del Codice penale:
- punisce al comma 1: “chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro 5.000 a euro 15.000”;
- al comma 2prevede che: “La stessa pena si applica a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video di cui al primo comma, li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recare loro nocumento”.
Il delitto in esame è un reato comune, poiché commissibile da «chiunque» e, sotto il profilo soggettivo, al primo comma si richiede il dolo generico mentre al secondo comma il dolo specifico, poiché è previsto che l’agente agisca al preciso “fine di recare loro nocumento”.
Per fare un esempio sarà penalmente rilevante, ai sensi dell’art. 612-ter secondo comma c.p., la condotta del soggetto che, avendo ricevuto da un terzo immagini a contenuto sessualmente esplicito, esegua uno screenshot e lo diffonda senza il consenso del soggetto ivi rappresentato, al fine di recargli un nocumento.
Si sottolinea da ultimo che il presente delitto è punito a querela della persona offesa.
Tuttavia il comma 3 dell’art. 612-ter c.p. prevede che si procederà d’ufficio quando “i fatti sono commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se i fatti sono commessi attraverso strumenti informatici o telematici” oppure laddove “il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio”.
Il bene giuridico tutelato dall’art. 612-ter c.p. è proprio la libertà della persona, gravemente vulnerata sul piano della vita di relazione poiché violata nella sfera sessuale.
Analogamente a quanto previsto per il reato di stalking dall’art. 612 bis c.p., il termine per proporre la querela in caso di revenge porn è di sei mesi.
2) Il reato previsto dall’art. 617-septies c.p. rubricato “Diffusione di riprese e registrazioni fraudolente”
In ultima analisi la condotta in esame può astrattamente integrare il reato di cui all’art. 617-septies c.p. che è stato introdotto dall’art. 1 D.Lgs. 29.12.2017, n. 216, attuativo della delega in materia di riforma della disciplina delle intercettazioni, contenuta nella L. 23.6.2017, n. 103 (c.d. Riforma Orlando).
Il bene giuridico protetto dalla norma penale in esame è sia la segretezza delle comunicazioni che la reputazione della vittima.
Il soggetto attivo del reato è colui che sia stato presente o abbia preso parte agli incontri o alle conversazioni oggetto del reato e che ne sia stato ammesso legittimamente.
Sotto il profilo soggettivo il delitto richiede il dolo specifico, essendo richiesto che sia commesso al fine precipuo di recare danno alla reputazione o immagine di un terzo.
Il delitto è procedibile a querela della persona offesa e la condotta tipica descritta si articola più fasi.
Innanzitutto, essa deve consistere nella ripresa audio o video di incontri privati ovvero nella registrazione di conversazioni, anche telefoniche o informatiche.
In secondo luogo le riprese o le registrazioni devono essere fraudolente, ossia realizzate con l’inganno e comunque all’insaputa del soggetto ripreso o registrato.
In terzo luogo il reato può dirsi consumato e integrato soltanto in caso di diffusione di dette riprese o conversazioni.
È proprio la divulgazione che segna il momento consumativo del delitto connotata dalla presenza di immagini o comunicazioni trasmesse a terze persone (ad esempio tramite e-mail, messaggi WhatsApp o altre forme di condivisione).
A titolo esemplificativo risponderà del presente reato il soggetto che esegua uno screenshot di riprese video fraudolente e poi le divulghi.
- Conclusioni
Alla luce di quanto detto è dunque chiaro che la diffusione arbitraria di uno screenshot che presenti contenuti oggetto di tutela penale, quale ad esempio immagini sessualmente esplicite oppure incontri privati, costituisca reato.
D’altronde non tutto ciò che la tecnologia ci permette di fare può dirsi anche lecito sotto un punto di vista giuridico.
Un’ultima raccomandazione in materia di contrasto del fenomeno del revenge porn: la prima e più importante forma di difesa è la prudenza. Se decidiamo di diffondere immagini a contenuto sessualmente esplicito, ad esempio tramite messaggi o social network, dobbiamo essere pienamente consapevoli del fatto che, anche se il nostro profilo è “chiuso” (cioè, visibile ad un numero limitato di soggetti), i nostri contenuti potrebbero comunque essere ulteriormente condivisi e potremmo perderne il controllo, cosicché risulti poi impossibile, anche con l’aiuto delle Autorità preposte o di sistemi tecnologici, poterli eliminare definitivamente.