L’ATTIVAZIONE DI SERVIZI TELEFONICI NON RICHIESTI VIOLA LA PRIVACY

Nei mesi passati sono state numerose le segnalazioni dei consumatori per lamentare l’attivazione di servizi non richiesti sia sulla linea telefonica mobile che su quella fissa. In tale ottica Tim rischia una sanzione salata a causa dell’attivazione di tale servizio, ma anche per la violazione dell’acquisizione dei dati personali.

La Corte di cassazione, tramite una sentenza dell’11 ottobre scorso, ha confermato la decisione del Garante della Privacy relativa all’operazione illecita di Tim, che aveva attivato l’opzione “Internet Play” sul telefono di un cliente. Il Garante aveva già avviato un’istruttoria, ma la società di telefonia si è difesa sostenendo che l’operazione era avvenuta a causa di un “fraintendimento”: l’operatore aveva “erroneamente attivato il servizio”. Il Tribunale ha però accertato la mancanza di prove rispetto quanto dichiarato da Tim. E qualora ci fosse stato un “fraintendimento”, questo non avrebbe dovuto comportare l’inapplicabilità della disciplina riguardante “gli obblighi di previa informativa e di consenso, in materia di protezione dei dati personali”.

La Corte suprema concorda con il Garante e ricorda che “la procedura afferente il trattamento dei dati personali non venne affatto svolta mediante la previa informativa e l’acquisizione del consenso informato al trattamento dei dati a cura del titolare del trattamento, connotandosi così di palese illiceità”. La Corte conclude poi: “Ne consegue che il Tribunale ha respinto l’impugnazione, attesa la riscontrata illiceità del trattamento compiuto per indiscussa mancanza della previa informativa e dell’acquisizione del consenso al trattamento dei dati, come riscontrato nel provvedimento del Garante. Invero il fraintendimento in merito alla volontà del cliente di concludere un contratto per l’ampliamento dei servizi a propria disposizione, risulta essere del tutto neutro rispetto al trattamento dei dati personali connesso e necessariamente da esplicare nei termini di legge e la ricorrente non ha affatto illustrato, nemmeno in fase di merito, perché ciò non era avvenuto”.