Decreto legge n.19 del 25 marzo 2020: le FAQ aggiornate di CODICI Lombardia a seguito delle ultime delibere/ordinanze. Sanzioni penali e amministrative

Il 24 marzo il Consiglio dei Ministri ha deliberato il provvedimento adottato con il Decreto Legge del 25 marzo 2020, in vigore dal 26 marzo, e ha stabilito le sanzioni, anche amministrative, e i reati contestabili a privati cittadini, datori di lavoro o esercenti pubbliche attività in caso di violazione delle restrizioni in atto per l’emergenza Covid-19. Per effetto del DPCM 1 aprile 2020, nonché dell’Ordinanza n.521 di Regione Lombardia, tutte le misure per contrastare il diffondersi del contagio sono prorogate fino al 13 aprile 2020.

Si precisa, preventivamente, che non è possibile fornire risposte universalmente valide perché ogni situazione necessita di valutazioni specifiche. La situazione e la casistica sono in continua evoluzione.

 

Fino al 13 aprile 2020, per effetto di quanto disposto con DPCM del 1 aprile, sono confermate le misure di contenimento disposte a norma del DL n. 19/2020 che, a loro volta, fanno salvo quanto disposto con DPCM 8, 9, 11 e 22 marzo, nonché con le Ordinanza del Ministero della Salute del 20 e 28 marzo 2020 e, in quanto maggiormente restrittive, con le Ordinanze n.514, 515 di Regione Lombardia:

Inoltre resta fermo il divieto di cui al DPCM del 22 marzo fino al 13 aprile a tutte le persone fisiche di trasferirsi o spostarsi, con mezzi di trasposto pubblici o privati, in un comune diverso rispetto a quello in cui attualmente si trovano, salvo che per motivi di assoluta urgenza.

Infine, ai sensi dell’Ordinanza della Regione Lombardia n.521, sono state previste ulteriori restrizioni:

 

Si devono evitare gli spostamenti dalla propria abitazione a meno che tali spostamenti non siano determinati da giustificati motivi e, in particolare: per comprovate esigenze lavorative; per situazioni di necessità (per spostamenti all’interno del proprio Comune, ad esempio per andare a fare la spesa o per portare a passeggio il cane); in caso di assoluta urgenza (per spostamenti al di fuori del proprio Comune); per motivi di salute.

 

Premesso che deve sussistere uno dei motivi previsti dai provvedimenti in vigore, altrimenti la regola è restare a casa, è necessario portare con sé un’autocertificazione (o, se si è impossibilitati a stamparla, la si può compilare insieme alla Forze dell’Ordine che eventualmente effettuino un controllo nei nostri confronti e chiedano il motivo dello spostamento). L’autocertificazione da compilare a partire dal 26 marzo 2020 è reperibile sul sito internet della Regione Lombardia o altri siti Ufficiali.

 

E’ possibile recarsi a fare la spesa ma non in un qualunque negozio o supermercato, né in un Comune diverso da quello in cui si è residenti. Si deve fare la spesa nel posto più vicino a casa e nel più breve tempo possibile. Qualora ci si recasse con l’auto in un altro Comune e si fosse sottoposti a un controllo da parte delle Forze dell’Ordine, in tale situazione è applicabile la sanzione pecuniaria da 400 a 3.000 euro, aumentata fino a un terzo in base all’art.4 del DL 19/2020, in quanto la violazione della misura contenitiva avviene con un veicolo. Fare la spesa rientra tra i motivi di necessità che permettono di lasciare la propria abitazione, ma è comunque richiesto portare con sé un’autocertificazione reperibile sul sito internet della Regione Lombardia o su un qualsiasi sito ufficiale, oppure la si può compilare al momento del controllo con l’Autorità che ci ha fermato.

 

Se proprio non è possibile rinviare la visita medica ed è dimostrabile la necessità di esservi sottoposto (ad esempio mostrando la certificazione medica), lo spostamento è consentito in quanto determinato da motivi di salute, uno tra quelli previsti dai regolamenti in vigore.

Si dovrà portare con sé un’autocertificazione da mostrare nel caso di controllo o, se impossibilitati a stamparla, la si potrà compilare con le Forze dell’Ordine.

 

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No, si aprirà un procedimento penale. Nel momento in cui, sotto la propria responsabilità, si dichiarano le proprie generalità (in via esemplificativa, nome, cognome, data di nascita, indirizzo della residenza o del domicilio) in caso di dichiarazioni mendaci al pubblico ufficiale potrebbe essere contestato il reato di cui all’art. 495 del Codice Penale, denominato “Falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri” che punisce con la pena della reclusione da 1 a 6 anni, oppure con la reclusione non inferiore a 2 anni nei casi previsti dal comma 2 della norma. La sanzione non verrà applicata direttamente dalle Forze dell’Ordine che procedono alla verifica, con la consegna di un verbale o di un bollettino di pagamento come accade nel caso di una multa per eccesso di velocità. Infatti, i pubblici ufficiali che hanno notizia di un qualunque reato la trasmettono alla Procura della Repubblica che iscrive un procedimento penale a carico del presunto responsabile; la sanzione sarà poi determinata da un giudice al termine di un processo, insieme alla eventuale condanna.

 

Sì, se si fa una falsa attestazione sulle situazioni che consentono lo spostamento (ad esempio il privato attesta nell’autocertificazione esigenze lavorative che in realtà non esistono) sarà contestabile il reato di cui all’art. 483 del Codice Penale, denominato “Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico” che punisce, con la pena fino a due anni di reclusione, la falsa attestazione a un pubblico ufficiale dei fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità. La sanzione non verrà applicata direttamente dalle Forze dell’Ordine che procedono alla verifica, con la consegna di un verbale o di un bollettino di pagamento come accade nel caso di una multa per eccesso di velocità. Infatti, i pubblici ufficiali che hanno notizia di un qualunque reato la trasmettono alla Procura della Repubblica che iscrive un procedimento penale a carico del presunto responsabile; la sanzione sarà poi determinata da un giudice al termine di un processo, insieme alla eventuale condanna.

 

Sì, perché le misure di contenimento in vigore vietano di accedere a parchi, ville, giardini pubblici, inoltre vietano di praticare attività sportiva all’aperto lontano da casa e, se in compagnia, solo con una persona e comunque mantenendo la distanza di sicurezza di un metro dalla stessa. L’Ordinanza delle Regione Lombardia prevede, in modo ancora più restrittivo, la possibilità di andare a correre solo vicino a casa e solamente da soli. Il mancato rispetto di tali misure è punito con la sanzione pecuniaria da 400 a 3.000 euro. Il trasgressore entro 60 giorni dalla contestazione della violazione è ammesso a effettuare il pagamento della misura minima di 400 euro; se poi tale pagamento è effettuato entro 5 giorni dalla contestazione, è prevista la riduzione dell’importo del 30%, con pagamento della sanzione di 280 euro. Tale termine di 5 giorni, in via eccezionale e transitoria, dal 17 marzo al 31 maggio 2020 è aumentato a 30 giorni in base all’art.108 del DL 18/2020. La somma dovuta può essere corrisposta presso l’Ufficio dal quale dipende l’agente accertatore, che rilascia apposita quietanza, oppure mediante versamento su conto corrente postale/bancario; laddove l’agente accertatore sia munito di idonea apparecchiatura, il soggetto può anche effettuare il pagamento immediatamente su strada, mediante strumenti di pagamento elettronico (carta di credito e bancomat), nelle mani dell’agente accertatore, che ne rilascia ricevuta. In caso di mancato pagamento, le sanzioni per le violazioni delle misure che riguardano l’intero territorio nazionale, sono irrogate dal Prefetto, quelle che riguardano le misure di carattere territoriale, dalla Regione. Se la violazione è reiterata, la sanzione pecuniaria è raddoppiata, con pagamento in misura minima pari a 800 euro, e scontata del 30% pari a 560 euro. Si precisa che tale sanzione è stata prevista con il DL n.19/2020, mentre prima del 26 marzo, per la violazione di una qualsiasi misura di contenimento, in fase di accertamento era contestato il reato di cui all’art.650 del Codice Penale. Lo stesso DL ha però stabilito la depenalizzazione della condotta e la sanzione pecuniaria in tal caso sarà ridotta a 200 euro. Qualora sia già stato contestato il reato penale di cui all’art.650 c.p. e sia già stato definito un processo penale oppure sia ancora pendente, saranno prospettabili differenti scenari processuali che data la loro complessità dovranno essere chiariti caso per caso dal legale.

 

Essendo le restrizioni dettate da un’emergenza sanitaria ed essendo esplicitamente raccomandato ai cittadini di non lasciare la propria abitazione nel caso siano raffreddati e abbiano la febbre superiore a 37,5°, potendo in teoria essere affetti da Covid-19, potrebbe essere applicata la sanzione amministrativa da 400 a 3.000 euro, che in caso di reiterazione potrà essere raddoppiata. Si precisa che tale sanzione è stata prevista con il DL n.19/2020, mentre prima del 26 marzo, per la violazione di una qualsiasi misura di contenimento, in fase di accertamento era contestato il reato di cui all’art.650 del Codice Penale. Lo stesso DL ha però stabilito la depenalizzazione della condotta e la sanzione pecuniaria in tal caso sarà ridotta a 200 euro. Qualora sia già stato contestato il reato penale di cui all’art.650 c.p. e sia già stato definito un processo penale oppure sia ancora pendente, saranno prospettabili differenti scenari processuali che data la loro complessità dovranno essere chiariti caso per caso dal legale. Non ultimo, potrebbe essere contestato il reato di lesioni di cui all’art. 590 del Codice Penale. In altre parole, qualora la lesione sia cagionata dal privato che ignora colposamente di essere affetto da Covid-19, lo stesso risponderà del reato di lesioni appunto colpose qualora non ottemperi alle prescrizioni-restrizioni al momento vigenti e contagi altri individui (in tal caso la pena potrà essere della reclusione fino a 3 mesi o della multa fino a 309 euro; oppure, qualora la lesione arrecata sia grave, con la pena della reclusione da 1 anno a 6 mesi o la multa da 123 a 619 euro; ed ancora, in caso di lesione gravissima, con la reclusione da 3 mesi a 2 anni o la multa da 309 a 1.239 euro). Nell’ipotesi più grave, ossia quella dolosa, potrebbe anche essere contestato il reato di lesioni personali di cui all’art. 582 del Codice Penale, punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni, per le lesioni gravi da 3 a 7 anni e, in caso di lesioni gravissime, con la reclusione da 6 a 12 anni.

 

No, è penalmente sanzionata la violazione commessa dal soggetto in quarantena, ai sensi dell’art. 260 R.D. 27/7/1934 n. 1265, il cui assetto punitivo, appositamente modificato, prevede l’arresto da 3 a 18 mesi e l’ammenda da 500 a 5.000 euro. Per quanto poco probabile e difficilmente prospettabile anche solo in astratto, ma che prudentemente si preferisce non escludere dato che è prevista come ipotesi di reato contestabile dal DL n. 19/2020, è quella di epidemia di cui all’art. 452 del Codice Penale, che punisce chiunque la cagiona mediante la diffusione di germi patogeni. In particolare potrebbe rispondere di epidemia colposa ai sensi degli artt. 438 e 452 del Codice Penale il soggetto affetto da Covid-19 che, pur presentando i sintomi della malattia ed essendo sottoposto alla misura della quarantena, per negligenza esca dalla propria abitazione cagionando la diffusione del virus a causa dei contatti sociali anche involontariamente avuti.

 

No, i bar non possono tenere aperto, ma potrà comunque vendere i prodotti di panetteria in quanto generi alimentari. Inoltre, gli avventori dovranno accedere ai locali del negozio solo poco per volta e, comunque, in modo da potere mantenere la distanza di 1 metro tra loro e rispetto a chi serve al banco. L’Ordinanza di Regione Lombardia n.521 ha ulteriormente specificato che l’accesso è consentito ad un solo componente per nucleo familiare e l’esercizio commerciale deve mettere a disposizione dei clienti guanti monouso e idonee soluzioni idroalcoliche per le mani, prima dell’accesso ai locali. Qualora tenesse aperto il servizio bar, potrebbe essere disposta la chiusura dell’attività per un periodo da 5 a 30 giorni. Il provvedimento potrà caso mai essere successivamente impugnato avanti al Tribunale ordinario. In caso di reiterazione specifica della violazione, la sanzione accessoria è applicata nella misura massima, pari a 30 giorni. In ogni caso, laddove risulti necessario impedire la prosecuzione o la reiterazione della violazione, l’organo accertatore può disporre la misura cautelare della chiusura fino a 5 giorni, da scomputare poi dalla sanzione definitiva. Inoltre potrà essere applicata la sanzione amministrativa da 400 a 3.000 euro, che, in caso di reiterazione potrà essere raddoppiata. Si precisa che tale sanzione è stata prevista con il DL n.19/2020, mentre prima del 26 marzo, per la violazione di una qualsiasi misura di contenimento, in fase di accertamento era contestato il reato di cui all’art.650 del Codice Penale. Lo stesso DL ha però stabilito la depenalizzazione della condotta e la sanzione pecuniaria in tal caso sarà ridotta a 200 euro. Qualora sia già stato contestato il reato penale di cui all’art.650 c.p. e sia già stato definito un processo penale oppure sia ancora pendente, saranno prospettabili differenti scenari processuali che data la loro complessità dovranno essere chiariti caso per caso dal legale.

 

Le attività devono essere espletate con modalità idonee ad evitare assembramenti di persone, con obbligo a carico del titolare o del gestore di predisporre le condizioni per garantire il rispetto di una distanza di sicurezza interpersonale predeterminata e adeguata a prevenire, o ridurre, il rischio di contagio. Laddove non sia possibile rispettare tale distanza, i protocolli di sicurezza anti-contagio stabiliscono l’adozione di strumenti di protezione individuale (ad esempio la mascherina e/o un vetro di plexiglass tra il venditore e l’avventore). L’Ordinanza di Regione Lombardia n.521 ha ulteriormente specificato che l’accesso è consentito ad un solo componente per nucleo familiare e l’esercizio commerciale deve mettere a disposizione dei clienti guanti monouso e idonee soluzioni idroalcoliche per le mani, prima dell’accesso ai locali.

 

Sì, le tabaccherie rientrano tra le attività commerciali che possono tenere aperto, ma i clienti possono accedere poco alla volta, a seconda della grandezza dei locali, in quanto devono mantenere la distanza di 1 metro tra loro e dallo stesso tabaccaio. In particolare dovranno comunque essere adottate le precauzioni previste dai regolamenti: le attività consentite devono svolgersi previa assunzione da parte del titolare o del gestore di misure idonee a evitare assembramenti di persone, con obbligo di predisporre le condizioni per garantire il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale predeterminata e adeguata a prevenire, o ridurre, il rischio di contagio. Laddove non sia possibile rispettare tale distanza, i protocolli di sicurezza anti-contagio stabiliscono l’adozione di strumenti di protezione individuale (ad esempio la mascherina e/o un vetro di plexiglass tra il venditore e l’avventore). L’Ordinanza di Regione Lombardia n.512 ha ulteriormente specificato che l’accesso è consentito ad un solo componente per nucleo familiare e l’esercizio commerciale deve mettere a disposizione dei clienti guanti monouso e idonee soluzioni idroalcoliche per le mani, prima dell’accesso ai locali.

 

Non è possibile tenere aperto, fatta eccezione per le circostanze di seguito indicate. In base all’Ordinanza della Regione Lombardia n. 515 del 22 marzo 2020 in vigore dal 23 marzo 2020, sono chiuse tutte le strutture ricettive comunque denominate ed è sospesa l’accoglienza di nuovi ospiti ad esclusione delle strutture ricettive e gli alloggi per studenti universitari e le strutture per il soggiorno ai fini di assistenza e solidaristici. Per gli ospiti già presenti nelle predette strutture, agriturismi, locazioni per finalità turistiche e simili, dovranno lasciarle entro 72 ore successive all’entrata in vigore dell’Ordinanza. È altresì consentito nelle strutture ricettive comunque denominate il soggiorno delle seguenti categorie: personale in servizio presso le stesse strutture; ospiti che vi soggiornano per motivi di lavoro in uno dei servizi per cui non è disposta la chiusura o la sospensione dell’attività; personale viaggiante di mezzi di trasporto; ospiti costretti a prolungare il soggiorno per cause di forza maggiore che non consentano il trasferimento nei termini suindicati; soggetti aventi residenza anagrafica nelle stesse strutture; soggetti che assistono persone malate o ricoverate in strutture sanitarie; soggetti che hanno stipulato, antecedentemente al 22/3/2020, un contratto con la struttura ricettiva per il soggiorno nella struttura stessa.

 

In data 14 marzo 2020 le Organizzazioni datoriali e sindacali hanno sottoscritto un Protocollo condiviso di regolamentazione della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro (il Protocollo sul sito https://www.inail.it/cs/internet/comunicazione/news-ed-eventi/news/news-protocollo-14-marzo-sicurezza-lavoratori-covid-19-2020.html) cui è necessario fare rinvio per le attività non sospese. Inoltre, si ricordano le raccomandazioni valide in generale per le attività produttive e professionali che NON siano state sospese:

 

Sì, c’è la possibilità che vengano contestate: