DIRITTO ALL’OBLIO E DIRITTO ALL’INFORMAZIONE, UN EQUILIBRIO DIFFICILE

Il Garante della Privacy, all’interno dell’ultimo provvedimento diffuso tramite il proprio sito istituzionale, ha respinto il reclamo presentato da un soggetto che aveva chiesto la deindicizzazione delle informazioni riguardanti la sua vicenda giudiziaria.

Dopo aver ottenuto il provvedimento di archiviazione del procedimento penale in cui era stato coinvolto, l’interessato ha chiesto al gestore di un motore di ricerca la rimozione degli URL che collegavano il suo nominativo agli articoli dove era possibile leggere informazioni riguardanti la vicenda giudiziaria.

Il gestore del motore di ricerca in questione ha però rimosso soltanto una parte degli URL, perché per alcuni era da ritenersi ancora sussistente un interesse pubblico alle notizie dal momento che si trattava di contenuti recenti, aggiornati (davano notizia dell’archiviazione) e che riguardavano la vita professionale dell’interessato, il quale rivestiva un ruolo pubblico in ragione dell’attività svolta.

Nel reclamo presentato all’Autorità Garante, il soggetto lamentava che la reperibilità in rete di tali contenuti poteva rappresentare un danno per la propria reputazione personale e professionale.

L’interessato pensava infatti di essere nella posizione di far valere il nuovo articolo 64-ter delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, introdotto dal D.lgs. 150/2022 (la c.d. riforma Cartabia). Tale norma prevede che quando viene emessa una decisione favorevole (come una sentenza di proscioglimento o un provvedimento di archiviazione) nei confronti di una persona indagata o imputata, questa possa chiedere che sia disposta la deindicizzazione sulla rete internet dei dati personali riportati nella sentenza o nel provvedimento.

Il Garante ha però chiarito che l’art. 64-ter disp.att. c.p.p. non prevede un “automatismo”. Secondo la formulazione letterale dello stesso articolo, infatti, la decisione favorevole che definisce il procedimento penale costituisce un titolo idoneo per ottenere un provvedimento di sottrazione dall’indicizzazione, ma tale titolo può essere fatto valere “ai sensi e nei limiti dell’art. 17 del GDPR”. In questo modo, viene fatta valere la clausola di salvaguardia delle deroghe e delle eccezioni al diritto all’oblio. Tra queste possibili eccezioni, il paragrafo 3 dell’art. 17 del GDPR indica quella legata alla necessità di garantire l’esercizio del diritto fondamentale alla libertà di espressione e di informazione.

L’Autorità Garante, per la risoluzione del caso preso in esame, ha quindi posto in evidenza i parametri da considerare per bilanciare il diritto della collettività ad essere informata ed il diritto dell’interessato alla protezione dei propri dati personali. Come parametri devono essere considerati:

Di conseguenza, nel caso di notizie esatte ed attuali, che informano la collettività degli esiti favorevoli di una vicenda che ha riguardato una persona che rivestiva un ruolo pubblico, prevale il diritto alla libertà di espressione e di informazione.

Questa vicenda dimostra come sia difficile garantire il diritto alla protezione dei dati personali, che deve sempre tener conto della sua funzione sociale e degli altri diritti secondo il principio di proporzionalità. È infatti tale proporzionalità a costituire il primario fattore di equilibrio all’interno dell’ecosistema dei diritti fondamentali.

 

M.M.