I nuovi disturbi psichici prodotti dal lockdown

Maria Francesca Cattaneo Della Volta, Docente e ricercatrice di Psicologia presso l’Università di Napoli Federico II – Dipartimento di Studi Umanistici, membro dell’Associazione Italiana di Psicologia (AIP), analizza in questa intervista gli effetti prodotti dall’emergenza sanitaria sugli equilibri emotivi, relazionali, sociali. L’allarme su nuove patologie esiste, <ma –sottolinea- il virus ci ha insegnato che l’unico modo per uscirne è la reciprocità, il senso di appartenenza, la comunità, il sentire che dalle nostre azioni dipendono le sorti di quelli che ci circondano e che noi dipendiamo da loro>.

 

1) Come è cambiata la professione dello psicologo a seguito della pandemia? Quali differenze tra la fase 1 e la fase 2 in termini di erogazione dei servizi di consulenza e di gestione dei colloqui?

Durante la fase 1 le attività collettive (convegni, incontri di gruppo, formazioni) sono state soggette a sospensione e sostituite pro tempore da forme di supervisione o incontro di gruppo in modalità telematica. Gli appuntamenti in presenza, soprattutto quelli con soggetti in età evolutiva o con anziani, in assenza di carattere di necessità, sono stati rinviati o svolti laddove possibile (pur nella consapevolezza della relativa difficoltà) a distanza.

Sono stati infine prontamente attivati una serie di sportelli psicologici online e gratuiti per fornire un supporto e un primo ascolto. Sono altresì nati numerosi progetti di ricerca e articoli scientifici sugli effetti psicologici della pandemia.

L’inizio della fase 2 ha invece segnato una ripresa dell’attività in presenza negli studi professionali seppur distanziando adeguatamente gli appuntamenti l’uno dall’altro, mantenendo all’interno dello studio il distanziamento fisico, sanificando ed aerando gli ambienti al termine di ogni seduta.

 

2) Le tecnologie sono in grado di sostituire almeno in parte i colloqui in presenza? C’è tutto il tema della privacy e dell’uso che le piattaforme come zoom e altre fanno dei nostri dati personali e sensibili

Le tecnologie in questo periodo hanno garantito la possibilità di un supporto o la continuità della relazione clinica e le consulenze online sono state molto preziose soprattutto per i pazienti in quarantena o in isolamento.

Inevitabilmente, però, l’uso del mezzo va a modificare il setting, che può non essere adatto per tutti i pazienti o tutti i tipi di attività; analizzare adeguatamente la domanda e l’effettiva applicabilità nel caso specifico è responsabilità dello psicologo, che dovrà curarne attentamente sia gli aspetti relazionali, che quelli di privacy e sicurezza.

Consenso Informato e Registro del Trattamento dei dati vanno aggiornati e inviati per via telematica.

E’ opportuno però considerare gli aspetti pratici legati alla privacy del setting. Ad esempio, un paziente isolato in casa con la famiglia può riscontrare delle difficoltà a ritagliarsi uno spazio consono per lo svolgimento riservato del colloquio.

 

3) C’è chi disegna scenari foschi per il post-covid 19 sul piano del malessere psicologico e della tenuta emotiva di milioni di persone. Lei che ne pensa? Emergeranno nuove patologie psichiche o si radicalizzeranno quelle già esistenti come ansia e depressione?

Solo un’accurata prevenzione e un’attenta valutazione della popolazione maggiormente a rischio potrà permettere di arginare il diffondersi di condotte a rischio e di disagio psicologico.

L’isolamento sociale, la paura del contagio, la perdita di persone care, la preoccupazione per la crisi economica e il lavoro, sperimentati in questi mesi, sono tutti aspetti che potrebbero causare o esacerbare stati ansiosi e depressivi, disturbo da stress post-traumatico, abuso di alcol e/o di sostanze e violenze domestiche.

Non si può, inoltre, trascurare il costo della cura per gli operatori socio-sanitari. La compassion/fatigue può essere definita come un disagio di tipo psicologico indotto dal contatto ravvicinato con il dolore altrui.

Questo trauma studiato dalla medicina soprattutto nei periodi di guerra o durante le catastrofi, riguarda situazioni che richiedono uno specifico addestramento ad agire in circostanze critiche, caratterizzate da scarsità di risorse materiali e umane, capacità di adattamento alla situazione, prontezza nel fare scelte spesso dolorose.
È questo, il terreno in cui si radicano il burnout e il disturbo da stress post-traumatico.

4) C’è qualche elemento positivo che da psicologa lei coglie in questa tragedia del Covid-19? Ad esempio sul piano degli assetti valoriali e della profondità delle relazioni

Il virus ci ha insegnato che l’unico modo per uscirne è la reciprocità, il senso di appartenenza, la comunità, il sentire che dalle nostre azioni dipendono le sorti di quelli che ci circondano e che noi dipendiamo da loro. Fermi a casa per giorni a fare i conti con un tempo di cui forse avevamo perso il valore, se non è misurabile in denaro.

In una società in cui la crescita dei nostri figli è, spesso, delegata a istituzioni altre, il virus ha chiuso le scuole e ci ha spinto a trovare soluzioni alternative, a rifare famiglia.

In una dimensione in cui la socialità e la comunicazione, sono giocate prevalentemente nel virtuale del social network, dandoci l’illusione della vicinanza, il virus ci ha privato della vicinanza reale, niente baci, niente abbracci, saluti a distanza. E’ questo il tempo di riflettere su quanto abbiamo dato per scontato questi gesti e il loro significato.

 

5) Come inciderà sulle nuove generazioni la prolungata lontananza (soprattutto se dovesse continuare) dalle aule scolastiche?

La didattica a distanza si è rivelata un’importante risorsa che ha consentito ai ragazzi e ai docenti di affrontare nuove sfide. Le possibili conseguenze di una prolungata lontananza dalle aule scolastiche possono riassumersi in difficoltà di concentrazione, rischi sulla capacità di apprendimento e dipendenza dall’uso dei dispositivi digitali con un effetto peggiorativo sulla qualità del sonno. Inoltre, il rischio di un incremento del fenomeno, già preoccupante, della dispersione scolastica è molto presente.

Molti studenti consumano a scuola l’unico pasto completo della giornata; per tanti, quelle ore a scuola sono gli unici baluardi di legalità, di lotta al degrado. Il distanziamento sociale non fa che ampliare, purtroppo, il divario tra persone provenienti da ambienti economicamente svantaggiati e studenti benestanti.

 

6) Con una battuta si dice che i matrimonialisti, oltre che gli psicologi, avranno molto da fare fra qualche mese. E’ solo un’esagerazione o lei ha riscontrato delle difficoltà crescenti nelle coppie già in crisi?

Coppie che durante la settimana avevano a malapena il tempo di cenare insieme, si sono ritrovate a condividere gli stessi spazi per lungo tempo. Tutti a casa per settimane: genitori dal lavoro, figli da scuola. Nasce la necessità di riflettere sull’importanza di ristabilire i confini, ci sono delle porte che devono essere mantenute aperte durante la giornata ma che poi devono essere chiuse, come la porta della camera dei genitori che hanno necessità di ritrovare una loro intimità e quella dei figli che a loro volta hanno bisogno di sperimentare dei momenti di privacy. Tutto ciò può sicuramente portare a una possibile esacerbazione dei conflitti, ma può anche costituire un’opportunità per comprendere che la vicinanza dell’altro può rappresentare un’occasione per affrontare insieme problemi rimandati da tempo.