GLI “SNOWDEN EFFECT” A DIECI ANNI DAL CASO

Nel giugno 2013, il The Guardian pubblicò il primo articolo di una lunga serie, che riguardava la sorveglianza di massa da parte della NSA, la National Security Agency degli USA. Per “informare il pubblico su ciò che viene fatto in loro nome e quello che è fatto contro di loro” Edward Snowden, ex membro dell’intelligence americana, parlava di come l’NSA riuscisse a raccogliere i dati dei telefoni di milioni di clienti di uno dei principali fornitori di servizi di telecomunicazione, seguendo un’ordinanza top secret.

Il caso Snowden fu la prima e dettagliatissima ricostruzione del funzionamento delle operazioni di sorveglianza nella nostra epoca, che dimostrò come la raccolta dei dati spesso entri in contrasto con i nostri diritti fondamentali. A quell’articolo ne seguirono molti altri, e si costruì uno dei maggiori casi giornalistici dell’epoca che cambiò profondamente il modo in cui consideriamo internet.

A livello storico tra gli “Snowden effects” il più importante è stato l’avvio di dibattiti pubblici, ancora in corso, attorno a temi fondamentali come privacy e giustizia del dato. Dalle rivelazioni del 2013, infatti, si è innescata una dettagliata ricostruzione di come funzionino le operazioni di sorveglianza e quanto diffuse esse siano anche da parte di governi saldamente democratici. Conseguenze indirette del caso sono molte scelte normative avvenute negli ultimi anni, dal GDPR in Europa fino alla recente multa record inflitta a Meta.

Molte battaglie, tuttavia, sono andate perdute. Siamo ancora in un mondo sorvegliato e tale sorveglianza si è ulteriormente moltiplicata nel business come nella politica. Per Solange Ghernaouti dell’Università di Losanna, oggi “assistiamo a una banalizzazione della raccolta ed elaborazione dei dati, spesso invisibile agli utenti, che sta permettendo lo sviluppo di un’economia digitale ma anche di un’economia di sorveglianza, che è già una realtà. […] Parallelamente c’è una deriva verso il rafforzamento della sicurezza, in cui vengono imposte sempre più tecniche basate sulla sorveglianza e gli spazi di libertà sono sempre di meno: tutti i luoghi pubblici sono dotati di sensori, telecamere di sorveglianza. Le persone non si sentono sotto sorveglianza, ma lo sono non appena usano lo smartphone o sono per strada. E non c’è chiarezza su cosa succeda a questi dati, da chi, dove e per quale scopo vengano conservati”.

Lo stesso Snowden ha affermato che “se pensiamo a ciò che abbiamo visto nel 2013 e alle capacità dei governi di oggi, il 2013 sembra un gioco da ragazzi”. Snowden punta il dito anche contro le telecamere di videosorveglianza sul mercato, al riconoscimento facciale e all’intelligenza artificiale. “I progressi tecnologici- continua- stanno corrodendo la privacy, per questo è ancora più importante tracciare i limiti per proteggere la sfera privata. E non ci si può affidare ai governi o alle Big Tech, hanno altre priorità da difendere e interessi da seguire. Non l’hanno fatto prima, non lo faranno adesso”.

(C.D.G.)