L’AI a servizio degli studenti può essere usata in modo scorretto. Con lo sviluppo delle tecnologie, i professori si trovano davanti a nuove sfide che non possono fronteggiare con degli algoritmi, inadeguati a rilevare plagi e a cogliere se il testo è stato generato da un’intelligenza artificiale.
Gli studenti spesso ricorrono a programmi che utilizzano il deep learning per svolgere compiti, scrivere saggi e racconti, come Playground di OpenAI.
Il sito Agenda Digitale riporta un recente articolo di Claire Woodcock (pubblicato su Motherboard e tradotto da Giacomo Stefanini), il quale segnala la scarsa importanza che i docenti stanno dando a questo fenomeno.
L’ultima interfaccia di programmazione delle applicazioni (API), rilasciato da OpenAI per il suo modello di linguaggio più usato, GPT-3, ha permesso a molti studenti di inserire prompt in Playground e programmi simili che usano il deep learning per generare testi.
L’OpenAI Playground consente di chiedere a un bot AI di scrivere. Ponendo delle domande all’intelligenza artificiale di Playground, viene avviata una conversazione dalla quale si generano, per esempio, racconti. Per utilizzare l’AI Playground, è necessario creare un account sul sito web di OpenAI.
Il problema è che il GPT-3 è un modello linguistico in grado di prendere informazioni complicate e riassumerle in modo semplice, o generare ex novo un testo che sembra proprio essere stato scritto da una mente umana. Risulta veramente difficile rilevare dei plagi non solo per i professori, ma anche per gli algoritmi e i software anti-plagio perché il testo non è copiato da altro, quindi non si tratta di una copia a tutti gli effetti.
Nell’articolo Claire Woodcock ha riportato proprio la testimonianza di uno studente che ha spiegato con un esempio pratico come funziona Playground: “Per esempio, ci è stato chiesto di scrivere cinque cose positive e cinque cose negative sulle biotecnologie. Io ho dato un prompt all AI tipo ‘quali sono cinque lati positivi e cinque lati negativi delle biotecnologie?’ E la risposta generata mi ha fatto prendere il massimo dei voti”.
Dunque, questi strumenti intelligenti risultano profittevoli per gli studenti sia in termini di risultati finali sia in termini di tempo, infatti per compiti che richiederebbero ore, l’AI impiega pochi minuti.
Gli esperti sostengono che abbiamo già passato il punto di non ritorno per il testo generato da AI. George Veletsianos, ricercatore in tecnologia e apprendimento innovativi e professore associato all’università Royal Roads, afferma: “I docenti che insegnano a futuri autori vanno alla ricerca del livello di difficoltà perfetto, quando assegnano un compito. Dev’essere abbastanza accessibile perché tu ci arrivi, ma anche abbastanza difficile da farti migliorare. Trovare il livello di difficoltà più adatto e bilanciato fa crescere la capacità di scrittura. Quindi se fornisci agli studenti tecniche di compensazione che abbassano il livello di difficoltà, non li stai aiutando a imparare a scrivere”.
Non è ancora chiaro se le aziende dietro questi strumenti AI abbiano la capacità di impedire agli studenti di usarli per fare i compiti a casa.
Tuttavia, oggi abbiamo a disposizione questi strumenti potentissimi che non devono essere banditi, ma nel caso dell’istruzione la miglior strada, secondo gli esperti, è capire come usarli in modo da migliorare l’efficienza e l’efficacia dell’insegnamento e il coinvolgimento degli studenti.