LA RITROVATA TENDENZA DEL JOB CREEP SCONVOLGE IL MONDO DEL LAVORO

Il termine job creep (o work creep) equivale all’assumersi, soprattutto in modo volontario, sempre più compiti extra nel proprio ambiente di lavoro, senza che a questa scelta ne conseguano promozioni o riconoscimenti, se non minimamente.

Particolarmente esposti coloro i quali sono perfettamente inseriti in un contesto lavorativo che li spinge a fare sempre di più.

Questa tendenza, in voga negli anni 2000 e poi scomparsa in seguito alla crisi finanziaria del 2008, sembra essersi re-inserita oggi di prepotenza in un contesto segnato dal post-pandemia, che con lo smart-working soprattutto ha spinto i lavoratori ad organizzare il proprio lavoro in modo alternativo, servendosi di nuovi strumenti e software e dilatando il tempo impiegato per portare a termine le mansioni.

App di messaggistica che ti consentono di inviare aggiornamenti su un progetto a qualsiasi ora, videochiamate (secondo i dati Teams aumentate del 153%) hanno tutte contribuito a “risvegliare” quel valore psicologico insito negli accordi lavorativi traducibile in aspettative, disponibilità e riconoscimenti.

Segnalata per prima dai media inglesi, su questa tematica è intervenuta anche l’Unione Europea, che si è detta visibilmente preoccupata dai possibili esiti che avrebbe potuto avere lo smart-working.

Oggi il fenomeno coinvolge sempre più nazioni, Italia compresa.

I risvolti psicologici di questa vicenda sono facilmente prevedibili, con i confini tra lavoro e vita privata che si fanno sempre più sottili. Una tale mancanza di equilibrio può portare a fenomeni sempre più accentuati di stress, fino alla cosiddetta sindrome del “burnout”, che porta l’individuo all’esaurimento delle proprie risorse psico-fisiche.