PRIVACY SHIELD, L’ACCORDO SUI FLUSSI DI DATI PER LIMITARE I POTERI DELL’INTELLIGENCE

Entro la fine del mese di giugno il Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, dovrebbe firmare un executive order riguardante il Privacy Shield 2.0, che regolerà i flussi di dati tra l’Unione europea e gli Stati Uniti.

Biden e Ursula von der Leyen si sono incontrati a fine marzo e in seguito avevano annunciato di aver raggiunto un accordo per la protezione dei dati europei negli Usa, che avrebbe «bilanciato sicurezza, diritto alla privacy e protezione dei dati». Non erano stati forniti ulteriori dettagli, mentre adesso Mark Scott, di Politico, annuncia che Washington sembra pronta a concessioni finora impensabili, tra cui una modifica del proprio sistema legale a favore degli europei.

Con il decreto in arrivo ci si aspetta che Biden imporrà «limiti necessari e proporzionati» al potere delle agenzie di intelligence statunitensi di accedere ai dati salvati in territorio Usa, sia quelli europei che quelli americani; una vera svolta se si considera il fatto che, finora, alle richieste europee di limitare i propri poteri gli Usa hanno sempre risposto no.

Una tale disponibilità alla collaborazione è il risultato sia della convergenza occidentale antirussa sia della necessità di sbloccare una impasse che ha ripercussioni multimiliardarie per la data economy tra le due economie più grandi del pianeta.

Il decreto di Biden dovrebbe permettere alla Commissione europea di affrontare le inevitabili cause alla Corte di giustizia, fornendo garanzie legali da parte statunitense e un meccanismo di reclamo di cui gli europei potranno avvalersi.

Tuttavia nelle parole di Scott si intuisce già il tema del prossimo contenzioso: «Se le spie americane sono disposte ad accettare questi limiti, la domanda diventa: perché gli europei non possono fare lo stesso?» Le agenzie di sicurezza europee raccolgono i dati dei loro cittadini senza aver preso gli stessi impegni pubblici e la sicurezza rappresenta una competenza esclusivamente nazionale, per cui la Commissione non può offrire agli States un eventuale meccanismo di bilanciamento.

Di certo la maggior parte delle Big Tech sono statunitensi e, di conseguenza, ci sono più dati europei in mani statunitensi che viceversa, ma per rafforzare la data economy è necessario un accordo che sia davvero equo.