Bullismo, cyberbullismo e minorenni. La necessità della prevenzione. Dalla parte dei più vulnerabili

Il 7 febbraio si è celebrata la GIORNATA NAZIONALE CONTRO IL BULLISMO E IL CYBERBULLISMO, su iniziativa del MIUR, per capire, intervenire e prevenire questo attuale quanto triste fenomeno sociale. Il simbolo della lotta nazionale delle scuole italiane contro il bullismo è un braccialetto, con un nodo blu. C’è stato bisogno e c’è bisogno di una giornata nazionale contro il bullismo e la sua più recente deriva del cyberbullismo perché non possiamo certo permetterci di spegnere i riflettori su un problema tanto grave e diffuso. I numeri parlano chiaro: 246 milioni nel mondo i bambini e gli adolescenti che subiscono ogni anno qualche forma di violenza a scuola o episodi di bullismo; il 20% delle vittime di bullismo e cyberbullismo in Italia hanno tra gli 11 e i 17 anni; il 7,1% in Italia sono ragazze (rispetto al 4,6% dei ragazzi vittime)*.

Ci interroghiamo sulle possibili misure di contrasto del fenomeno con l’Avv. Maria Giovanni Ruo, presidente dell’Associazione CAMMINO – Camera Nazionale Avvocati per la persona, le relazioni familiari e i minorenni, riconosciuta dal Consiglio Nazionale Forense come associazione forense specialistica maggiormente rappresentativa, molto attiva nello “sfruttare” le pieghe della legge a beneficio dei minori, oggetto di violenze fisiche e verbali o di ingiustizie.

 

Come nasce questa Associazione e chi ne fa parte?

 CAMMINO viene costituita ben 22 anni fa a Roma, come associazione per la tutela dei diritti delle persone di età minore, da un gruppo di avvocati che esercitavano prevalentemente davanti al Tribunale per i minorenni, come difensori dei minori, o dei genitori, o degli affidatari, in procedimenti, civili, penali o amministrativi e che decisero di mettere il loro know how al servizio del ceto forense e non solo. Da allora ha ampliato il suo campo di azione verso tutti i soggetti vulnerabili e si è aperta alla giurisprudenza europea, con un ruolo di impulso alle riforme e alla specializzazione degli operatori in campo minorile e comunque per la tutela dei più fragili. Conta ora 64 sedi a livello territoriale, oltre alla sede nazionale in Roma. In questa prospettiva, si occupa di anni dei fenomeni di comportamenti devianti delle persone di età minore e in tale ambito anche di bullismo e cyberbullismo. Ha partecipato con un’audizione parlamentare e con proposte concrete – in parte recepite – alla stesura dell’attuale normativa, che affronta il fenomeno con un approccio che privilegi la mediazione, la sensibilizzazione e l’educazione, prevedendo il coinvolgimento attivo non solo delle istituzioni, ma anche della scuola e dei genitori, finalizzato all’accrescimento della consapevolezza digitale. L’Italia peraltro è stato il primo Paese europeo ad introdurre la parola cyberbullismo all’interno del proprio ordinamento, grazie all’approvazione della legge n.71 del 29 maggio 2017, “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo”.

 Se i numeri sono quelli elencati dall’Unicef, quali azioni è necessario e urgente mettere in campo per prevenire questi comportamenti?

 Il nodo centrale è l’educazione alla responsabilità e alla solidarietà. È la prevenzione in ambito familiare, scolastico e delle altre agenzie educative che deve tornare ad essere al centro. D’altronde il dovere-diritto di educare è previsto dalla nostra Costituzione come dovere-diritto dei genitori, cui corrisponde un diritto dei figli: quello di essere educati secondo le prescrizioni dell’ordinamento, che prevede espressamente l’educazione alla responsabilità e alla solidarietà, cui i comportamenti di bullismo e cyberbullismo sono antitetici.

 Il ruolo delle Istituzioni scolastiche. La scuola, da teatro privilegiato, molto spesso, degli atti di bullismo, in che modo può diventare il primo attore del contrasto al fenomeno che vede protagonisti sempre più adolescenti? E quali collaborazioni l’Associazione ha messo in atto con le scuole, se ne ha?

La Scuola, come principale agenzia educativa al pari della Famiglia, ha un ruolo importantissimo: è il luogo dove si apprende la cittadinanza e la solidarietà sociale. I ragazzi debbono essere accompagnati alla piena maturità con la graduale consapevolezza che una ferita inferta alla dignità dell’altro è una ferita inferta a tutti. CAMMINO collabora da anni nelle scuole, con vari progetti. A Cassino, in cui ha animato una riflessione approfondita in varie scuole con coinvolgimento di studenti, insegnanti e genitori; a Novara, che è stata teatro di una tragedia conclusasi con il suicidio della ragazza perseguitata; a Benevento, dove è stato realizzato un progetto in tre tappe in varie scuole: la prima, una presa di coscienza delle norme, della loro ragion d’essere, tra studenti, genitori e insegnanti; la seconda che prevede la drammatizzazione, da parte degli studenti, di un processo penale minorile in cui solo gli studenti recitano le parti del bullo, del bullizzato, del giudice, dei testimoni etc. e che culmina poi in un dibattito pubblico sugli eventi drammatizzati, con la partecipazione anche di psicologi e pedagogisti; la terza, infine, con la “restituzione” ai genitori e ai docenti di ciò che è avvenuto e delle dinamiche sottese.  Sfugge, spesso, che i cd. bulli sono ragazzi fragili essi stessi, così come sfugge la responsabilità di chi assiste agli atti di bullismo o se ne fa “messaggero”, e dal dibattito che coinvolge i ragazzi spesso tutto ciò emerge. Tale progetto, nato dalla fervida fantasia di Giampiero De Cicco, sperimentato prima di tutto nella sede di CAMMINO in cui è nato (Benevento) e di cui l’Avv. De Cicco è presidente, è stato poi portato avanti in varie scuole secondarie di secondo grado di 7 diverse città italiane, grazie alla collaborazione tra UNICEF Italia e CAMMINO nel progetto “Legalità”, con un focus sul cyberbullismo e la sicurezza in rete.

 In che modo è possibile superare il gap tra famiglie, diciamo, più consapevoli e quelle al cui interno ancora manchino gli strumenti adeguati per supportare i figli di fronte a questa emergenza?

 I genitori, i nonni, gli educatori in genere, hanno prima di tutto il dovere di approfondire le caratteristiche dei social e degli strumenti multimediali. Non se ne può proibire l’uso, perché sono spesso utili se non necessari e non si possono estraniare figli e nipoti dal contesto sociale in cui vivono. I ragazzi debbono impossessarsi ed utilizzare gli strumenti in modo congruo e coerente con la cittadinanza attiva, per scambiarsi idee, progetti, opinioni. Non per distruggere gli altri: tutto ciò ha anche a che fare con il contrasto al linguaggio di odio, che oggi conosce, anche da parte degli adulti, un’utilizzazione diffusa. Per aiutare le famiglie più inconsapevoli, bisogna parlare di questi argomenti, farli conoscere, stimolare la curiosità: come difendi tuo figlio dall’essere bullo o bullizzato? Spesso gli adulti ignorano i meccanismi anche più semplici di utilizzo da parte di giovani e adolescenti dei social. Se non si conoscono, non si può orientare i ragazzi a un uso consapevole e positivo degli stessi.

Accanto al bullismo, il cyberbullismo, che ha visto da ultimo i tragici epiloghi che sono costati addirittura la vita a dei bambini. Anch’esso in sensibile aumento, si manifesta in diverse forme, dalle più comuni come l’harassment e denigration fino al revenge porn o all’impersonation (furto di identità). La maggior parte dei dati disponibili riguarda indagini condotte nei Paesi industrializzati con percentuali di minorenni che lo hanno sperimentato che variano tra il 5% e il 20% della popolazione minorile, lamentando conseguenze psicofisiche diverse, dal mal di testa ai dolori allo stomaco, dalla mancanza di appetito ai disturbi del sonno.  Il dibattito sull’uso degli strumenti digitali, della rete e dei social da parte dei più giovani è in atto, in Italia sta coinvolgendo il Garante per la Privacy, ma l’intera società civile ha il dovere di interrogarsi e di correre, come possibile, ai ripari. Qual è la posizione dell’Associazione CAMMINO e Sua personale verso questi strumenti?

 Non si possono demonizzare i social e gli strumenti multimediali, perché sono utili, necessari e anche preziosi: bisogna però imparare a usarli. Nessuno direbbe che un coltello è uno strumento dannoso in sé: ci si tagliano il pane e la carne per i figli, ma è anche vero che ci si può uccidere un uomo. Idem per l’aeroplano, con il quale si sganciano bombe, ma col quale si fanno anche fanno pervenire gli aiuti umanitari alle popolazioni in difficoltà estrema. Lo strumento è neutro: la sua compatibilità con i valori umani dipende da chi lo usa e come lo usa. Gli adulti debbono prima di tutto educare loro stessi all’utilizzo di tali strumenti in modo responsabile, li debbono conoscere nelle loro potenzialità positive e negative; e debbono conseguentemente educare anche i loro figli alla responsabilità e alla solidarietà nel loro uso, in modo che i fenomeni di bullismo e soprattutto di cyberbullismo – gravissimi per la loro pervasività e gli effetti devastanti sulle vittime – siano arginati e contrastati nel modo più efficace. Credo, e crediamo infatti fermamente tutti in CAMMINO, che la prevenzione educativa sia il principale strumento per combattere tali fenomeni dilaganti. La repressione o lo “spauracchio” della repressione servono invece a poco, perché intervengono ex post (come diciamo in gergo), a cose fatte e a danni difficilmente rimediabili. A quel punto serve la riabilitazione di bulli e bullizzati.  Un’ultima notazione: educare è un compito che richiede passione e dedizione e passa prima di tutto dall’educazione di sé stessi. Se siamo noi adulti i primi a stare per ore con lo smartphone in mano, raccontandoci che non ne possiamo fare a meno, casomai mentre stiamo con i nostri figli e nipoti, e senza dedicare loro l’attenzione di ascolto che è doverosa, non possiamo lamentarci se poi ritengano che ogni relazione debba passare attraverso lo strumento multimediale.

 L’ultimo progetto di natura sociale-preventiva a cui state lavorando prevede il ricorso al cinema come veicolo più immediato e sicuramente più coinvolgente per una forte azione di sensibilizzazione nei confronti dei ragazzi. Di cosa si tratta e quali collaborazioni prevede?

 Nella sostanza si tratta della trasposizione su scala multimediale, in un cortometraggio, dell’esperienza maturata in anni di percorsi attivati nelle scuole italiane, con la drammatizzazione di un processo penale minorile per bullismo, in cui sono protagonisti dei ragazzi, e che poi viene discusso dagli stessi e con i loro genitori. L’uscita del cortometraggio è prevista per il mese di marzo di quest’anno, e cercherà di trasfondere l’esperienza (assolutamente positiva) e il messaggio con questa modalità. Anche se l’emergenza in atto ci impedisce di realizzarlo in presenza, non per questo vogliamo che il progetto di sensibilizzazione e corretta informazione verso i ragazzi e chi se ne prende cura resti bloccato. Non possiamo permettercelo. Nessuno di noi può permetterselo.

___________________

Ringraziamo l’Avv. Ruo per il contributo e soprattutto per il qualificato e costante impegno messo in campo con la sua Associazione. Chiuderemmo con quanto da ultimo sottolineato da una collega comunicatrice, Vera Gheno, che a proposito dell’odio ci ricorda che “qualsiasi iniziativa di contrasto al fenomeno deve partire dalla consapevolezza che ognuno di noi può diventare non solo vittima, ma anche perpetratore di atti di odio e di bullismo. L’odio è parte integrante della psicologia dell’essere umano, e occorre imparare prima di tutto a gestirlo a livello personale, resistendo alla tentazione di distanziarsi dalla questione in orizzontale (“gli odiatori e i bulli sono altri”) e, per quanto riguarda i social e la rete, in verticale (“sono le multinazionali, i governi, gli organismi internazionali a dover risolvere il problema”). Siamo parte del problema, e quindi anche la sua eventuale risoluzione dipende anche da noi, dalla nostra agentività”.

(*) Dati UNICEF: https://www.unicef.it/diritti-bambini-italia/bullismo-cyberbullismo/