Chiunque voglia documentarsi e provare a capire qualcosa riguardo l’emergenza sanitaria in corso rischia di entrare in un labirinto senza uscita. Il pericolo a cui si va incontro è elevato, perché l’incertezza è piena di paure.
Il distacco dalla scienza è un vero peccato, perché il ventunesimo secolo avrebbe tutti gli strumenti necessari per far sì che la diffusione della conoscenza sia massima e possa davvero diventare uno strumento eccezionale di prevenzione e di lotta contro le situazioni d’emergenza.
Eppure c’è qualcosa che non funziona, qualche ingranaggio che inceppa tutti gli altri, perché oggi il diritto di leggere informazioni corrette e utili viene ogni giorno calpestato, senza nessuna responsabilità.
La responsabilità è un peso che nessuno vuole, ma che tutti abbiamo, anche quando facciamo finta di non sentirla. Chi cura, chi studia, chi scrive, chi pubblica, chi informa, chi legge e anche chi condivide. Oggi chi sente questa responsabilità è stanco, mentre chi non la sente uccide.
Come si fa ad essere assassini senza neanche accorgersi di esserlo? Basta offrire la propria personale opinione, senza avere dei dati scientifici alle spalle, generando fake news per ottenere un briciolo di visibilità, per una manciata di click (o per chissà quale altra attrattiva psicologica).
L’opinione può uccidere esattamente come chi dichiara che il cancro si può curare con melatonina e vitamina D, che l’omeopatia è una medicina, che i vaccini sono causa d’autismo… o che i cani trasmettono il coronavirus, mentre l’arrivo della pioggia “finalmente lo laverà via”, ma attenzione all’aria “perché è l’autostrada del contagio”.
E se è vero che la scienza non è un dogma, che le conoscenze di un virus nuovo come il SARS-Cov-2 crescono giorno dopo giorno, che quello che sappiamo sulle relazioni meteo-climatiche e sull’aerosol come vettore virale potrebbe essere smentito perché ci troviamo ad affrontare una malattia nuova, è altrettanto vero che la scienza deve sempre basarsi su fatti, prove, verifiche, senza mai essere soggetta a pericolosi personalismi, pressioni mediatiche o, peggio ancora, politiche.
Mettiamo subito in chiaro una cosa: la scienza è vitale. Ma sull’utilizzo dei suoi risultati potremmo certamente migliorare. Questo decalogo è solo un insieme di punti, elencati nel tentativo di chiarire alcuni aspetti importanti nella relazione scienza-cittadini, ma non ha certamente l’ambizione di essere esaustivo.
1 – La scienza è fatta di dati come una casa è fatta di pietre. Ma un ammasso di dati non è scienza più di quanto un mucchio di pietre sia una vera casa. Lo diceva Henri Poincare, matematico vissuto a cavallo tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo
2 – Lo scienziato prova a descrivere ciò che esiste, quando ancora non ci sono risposte, ma ponendosi le giuste domande in una situazione incredibilmente complessa. Senza dubbio non è la professione più riconosciuta, al contrario viene spesso screditata, finché non ci salva la vita!
3 – Attenzione agli scienziati non specializzati, ovvero a quelli che parlano uscendo dal loro perimetro di competenza: spesso sono testardi e irragionevoli come chiunque altro, e la loro intelligenza insolitamente elevata rende i loro pregiudizi molto più pericolosi
4 – Le pubblicazioni scientifiche (scientific paper) devono essere redatte in modo oggettivo, trasparente e verificabile. Dovrebbero essere pubblicate sui media solo dopo la validazione secondo le regole della revisione paritaria. Working paper, Pre-Print e Position Paper non rientrano in questa categoria e non dovrebbero diventare notizie da prima pagina
5 – Il giornalista dovrebbe essere in grado di distinguere ciò che è vero da ciò che è falso, una opinione da una dimostrazione, una pubblicazione scientifica revisionata da una che ancora non lo è, creando quel ponte tra scienza e cittadino di cui tanto si avrebbe bisogno
6 – Sarebbe importante che le istituzioni capissero come leggere i dati scientifici e come comunicarli ai cittadini nel modo più chiaro e significativo possibile. Questi dati, fonte inestimabile di informazione, si dovrebbero utilizzare per prendere importanti decisioni strategiche
7 – La politica utilizzerebbe di più la scienza se pensasse al futuro e non alle prossime elezioni
8 – Le pseudoscienze e l’anti-scientismo sono fonte di pregiudizi nocivi capaci di colpire il nostro senso comune, allontanandoci dalla libertà. La scienza invece favorisce la diffusione del pensiero critico e così ci avvicina alle soluzioni reali
9 – I cittadini e tutti coloro che fruiscono delle notizie dovrebbero sviluppare quelle capacità critiche che consentano di capire quando un’informazione è affidabile. Altrimenti sono destinati ad essere raggirati dalle fake news
10 – Anche i social e le chat dovrebbero essere utilizzati da tutti con responsabilità, condividendo solo ciò che viene ritenuto davvero interessante e soprattutto proveniente da fonti attendibili
Meteo, clima, inquinamento e Coronavirus
La relazione tra Coronavirus e variabili meteo-climatiche è stata spesso oggetto di discussioni incaute. A molte domande non si può ancora dare una risposta.
Meteo e Coronavirus. Innanzitutto non c’è alcuna dimostrazione che la condizione meteo sia determinante per la diffusione del virus. Non è in nessun modo provato che vento e pioggia possano avere un’azione positiva riducendo il numero di contagi, e viceversa.
Clima e Coronavirus. Dal punto di vista climatico, anche il cambio di stagione e l’aumento delle temperature, non è detto che possano migliorare la situazione. Lo studio è ancora aperto e la comunità scientifica è al lavoro: ad esempio, il Copernicus Climate Change Service ha deciso di sviluppare un’applicazione utile alla ricerca che permetta di visualizzare su una mappa globale l’andamento medio di temperatura e umidità insieme alla mortalità legata al COVID-19.
Aerosol e Coronavirus. Su virus e aerosol, i risultati preliminari raccontano che in luoghi chiusi e in presenza di malati, c’è la possibilità di respirare aria con tracce di virus (anche se la carica virale di questi virioni in sospensione non è nota). Si può trarre qualche parziale conclusione: i luoghi più pericolosi sono quelli chiusi, affollati, in presenza di malati, perciò è essenziale una corretta aerazione del locali in cui si vive, si lavora o si transita.
Aria e Coronavirus. Aprire le finestre è importante anche perché il virus non è nell’aria “aperta”: i luoghi esterni, lontano da altri individui sono innocui e non c’è il rischio che si possa essere contaminati semplicemente stando (da soli o separati) sul proprio balcone o in giardino per respirare un po’ di aria primaverile.
Inquinamento e Coronavirus. Il ruolo dell’inquinamento è importante perché, come numerosa letteratura scientifica aveva già precedentemente dimostrato, l’esposizione prolungata alle polveri sottili (PM10 e PM2.5) ci rende vulnerabili. Non è provato in nessun modo che le polveri siano il vettore del contagio trasportando il virus per lunghe distanze, è invece dimostrato che l’inquinamento abbassi le difese immunitarie dell’apparato respiratorio, peggiorando prognosi e decorso delle malattie in corso, coronavirus compreso.
Ci stiamo accorgendo che la scienza è vitale. In queste settimane ci sentiamo appesi al filo della scienza e cerchiamo in essa delle risposte, che arriveranno non appena sarà possibile, non prima. La scienza non si decide a maggioranza, non è fatta di opinioni, ma è conoscenza organizzata. Dobbiamo solo imparare ad utilizzarla, organizzando anche la comunicazione scientifica.