DIRITTO ALL’OBLIO O LIBERTÀ D’ESPRESSIONE?

Il diritto di ogni persona all’oblio, strettamente collegato ai diritti alla riservatezza e all’identità personale, deve essere bilanciato con il diritto della collettività all’informazione. Da un lato, infatti, l’informazione giornalistica ricopre un ruolo fondamentale per renderci cittadini partecipi ed attivi nel progresso politico, economico e sociale. D’altro canto, però, l’attività d’informazione ha a che fare con dati, nomi e riferimenti personali, il che porta con sé il temibile rischio di arrecare nocumento alla biografia altrui, in particolar modo quando si oltrepassano quei limiti di cui tener conto per una corretta informazione.

Questi aspetti concorrono insieme a modellare un sistema diretto ad individuare la giusta informazione, il che passa anche e soprattutto attraverso l’aggiornamento e l’eliminazione degli elementi inesatti, desueti o inappropriati.

Spesso, il diritto del pubblico di accedere agli archivi online per conoscere fatti di una certa rilevanza prevale sulla tutela della vita privata dei ricorrenti poiché l’archivio online di un giornale svolge un’importante funzione per la ricostruzione storica degli eventi che si sono verificati nel tempo.  Questi, infatti, svolgono un ruolo fondamentale nelle società contemporanee in quanto il pubblico non ha solo un interesse legittimo ad accedere alle informazioni di stretta attualità, ma deve poter fare ricerche anche su avvenimenti del passato. È anche attraverso il riconoscimento di un ampio margine di autonomia nella gestione degli archivi online, poi, che può compiutamente espletarsi il fondamentale ruolo di informazione del pubblico e di partecipazione alla formazione dell’opinione democratica proprio della stampa. Invero, se si imponesse alle testate giornalistiche di cancellare o modificare tutte le informazioni del passato o se si impedisse al pubblico di cercarle, si arriverebbe al risultato di cancellare la Storia e di produrre un beneficio all’autore di determinate condotte, comunque legittimamente dichiarate come illecite. Un tale privilegio non può essere riconosciuto, anche perché se si imponesse la cancellazione di notizie e informazioni presenti negli archivi online delle testate, ciò potrebbe avere un effetto dissuasivo e incidere negativamente sulla libertà di espressione e di stampa. Per trovare un equilibrio tra i due sopracitati diritti, è possibile chiedere la deindicizzazione dei dati personali dai motori di ricerca ma l’articolo conserverà il suo valore di documento storico e come tale dovrà rimanere accessibile nella sua integrità agli abbonati e a chi dovesse svolgere specifiche ricerche.

Si è espresso in questi termini il Garante privacy nel ritenere infondato il reclamo di una donna che si era rivolta all’Autorità per far cancellare i propri dati personali da un articolo conservato nell’archivio online di un editore di un quotidiano nazionale. La donna riteneva che le informazioni contenute nell’articolo le recassero pregiudizio e non fossero più attuali dal momento che riguardavano una vicenda giudiziaria per la quale era stata condannata nel 2009, peraltro senza riportare i successivi sviluppi. L’interessata aveva infatti scontato, nel frattempo, la pena detentiva di quattro anni cui era stata condannata. Il Garante ha rigettato il reclamo spiegando che la conservazione dell’articolo all’interno dell’archivio online dell’editore risponde ad una legittima finalità di archiviazione di interesse storico-documentaristico che, pur differente da quella originaria di cronaca giornalistica, è anch’essa prevista dal Regolamento europeo che stabilisce specifici limiti al potere di esercitare il diritto di cancellazione. Tuttavia, non sussistendo ragioni di interesse pubblico che giustifichino una perdurante reperibilità dell’articolo, l’Autorità ha ingiunto all’editore di adottare misure tecniche idonee ad inibire l’indicizzazione dell’articolo da parte di motori di ricerca esterni al sito del quotidiano. Ciò in quanto la deindicizzazione disposta solo da un motore di ricerca, come era avvenuto nel caso in esame, ha il solo effetto di dissociare il nome dell’interessata dall’URL collegato all’articolo, il quale resta comunque reperibile utilizzando chiavi di ricerca diverse.

 

(C.T.)