È REATO PUBBLICARE FOTO DI MINORI SENZA IL CONSENSO DEI GENITORI?

Quando si tratta di pubblicare foto di minori che hanno meno di 14 anni, occorre sempre la preventiva approvazione del padre e della madre. La giurisprudenza più recente ribadisce il diritto dei figli a non essere sovraesposti mediaticamente, in quanto il ritratto fotografico è un dato personale e la sua diffusione costituisce un’interferenza nella vita privata dei bambini stessi. Nel caso dei minori vi è una tutela privilegiata sul diritto costituzionalmente rilevante all’immagine e alla riservatezza proprio perché loro possono essere meno coscienti dei rischi, delle conseguenze e dei loro diritti sul trattamento dei dati personali. Anche nelle foto di classe, in pubblicità e in televisione, occorre che entrambi i genitori firmino una liberatoria. Sempre di più oggi è centrale il problema dei minori sui social per quanto guarda il mettere foto o video per fare soldi, visualizzazioni e sponsorizzazioni. La dignità del minorenne prevale sempre su qualsiasi criterio o motivo della pubblicazione.

Tale divieto deve essere rispettato da tutti: da entrambi i genitori (se uno dei due non autorizza, l’altro non può pubblicare), dai familiari (nonni, zii, ecc.), dai docenti, dai titolari di associazioni e attività creative (come scuola calcio, di danza, di canto, ecc.), dai reporter e giornalisti, i quali devono anche valutare l’utilità sociale del servizio da divulgare sui mezzi di comunicazione.

Tuttavia, prestare il consenso a scattare una foto non significa autorizzarne anche la pubblicazione. Se ad esempio ad una festa un bambino posa insieme ai compagni di classe dietro la torta di compleanno, il genitore del festeggiato non può poi postare lo scatto su Facebook o Instagram senza il permesso dei genitori di tutti gli interessati. Anche annunciare sui social la nascita del figlio riportando dati sensibili, come il nome e la data di nascita, espone il bambino al rischio di furto d’identità.

Chi commette tale reato risponde al D.lgs. n. 196/2003 (“Codice della privacy”) che stabilisce, per chi pubblica foto di bambini il reato di trattamento illecito di dati. Inoltre, il divieto della pubblicazione di foto di minori trova infine il suo fondamento giuridico nell’art. 10 del Codice civile, nell’art. 8 Reg. Ue n. 679/2016, nell’art. 2 quinquies D.lgs. n. 101/2018, nella legge 176/1991 che ha ratificato in Italia la Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, e negli articoli 2 e 31 della Costituzione. Già da prima dell’avvento dei social network, l’art. 96 della legge 633/1941 sul diritto d’autore aveva previsto che il ritratto di una persona non potesse essere esposto senza il suo consenso, salvo eccezioni. La prima conquista civile sul piano internazionale risale al 20 novembre 1989, quando l’Organizzazione delle Nazioni Unite ha approvato la Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia. Il regolamento è stato ratificato in Italia con l’approvazione della legge numero 176 (27 maggio 1991). Nel 1987 a Bologna era stato fondato il Telefono Azzurro, onlus nata con lo scopo di difendere i diritti dell’infanzia e dei minorenni. È proprio in quegli anni che in Italia esplode il fenomeno delle televisioni commerciali, con la conseguente esposizione mediatica incontrollata dei bambini e la strumentalizzazione dei problemi dei minori, per farne spettacolo o speculando sulle problematiche per suscitare pericoloso sensazionalismo. Nel 1990 è stata poi approvata la Carta di Treviso, frutto di un protocollo siglato tra Ordine dei giornalisti, Federazione nazionale della stampa italiana e Telefono Azzurro, che sottolinea la responsabilità che tutti i mezzi d’informazione hanno nella costruzione di una società che rispetti appieno l’immagine di bambini e adolescenti secondo il principio di difendere l’identità, la personalità e i diritti dei minorenni vittime o colpevoli di reati, coinvolti in situazioni che potrebbero comprometterne lo sviluppo psichico. Nel 2016 la Carta di Treviso viene integrata dal Testo unico dei doveri del giornalista, dopo episodi gravi di cronaca, ripetute violazioni dei diritti e mancata tutela dell’immagine dei minorenni.

Il reato nel pubblicare foto di minori con meno di 14 anni su internet è punito con la reclusione da 6 mesi fino a 3 anni, ed è previsto da parte del responsabile il risarcimento ai danni del minore. Spetta al giudice determinare l’entità del risarcimento sulla base di fattori come visibilità del minore; esposizione al rischio; pubblico che ha accesso alla foto; durata del tempo di pubblicazione della foto. Anche in caso di rimozione a posteriori della foto, il risarcimento del danno va comunque garantito, trattandosi di una lesione alla riservatezza dei minori.

Sia l’azione penale (consistente nel deposito della querela presso polizia, carabinieri o Procura della Repubblica) che l’azione civile per il risarcimento del danno (consistente nella causa in tribunale, avviata con la notifica dell’atto di citazione) devono essere portate avanti dai genitori, che devono incaricare l’avvocato e fornirgli il mandato. La richiesta di risarcimento del danno può essere presentata o nel corso del giudizio penale, attraverso la costituzione di parte civile, o con un autonomo giudizio civile. Si può anche preferire per la sola causa civile, senza necessariamente depositare querela.

Per quanto riguarda i soldi del risarcimento vengono incassati dai genitori e devono usarli solo nell’interesse esclusivo del figlio stesso. Il giudice potrebbe anche imporre loro di aprire un conto deposito per un periodo prestabilito.

Il GDPR (General Data Protection Regulation, il regolamento europeo sulla privacy n. 679/2016) ha fissato a 14 anni l’età del consenso per la pubblicazione delle foto. Dopo i 14 anni i giovani adolescenti, anche se ancora minori, possono scegliere liberamente di aprire un proprio profilo social, pubblicare foto personali o autorizzare terzi a farlo.

Dunque, per prevenire un reato di questo tipo ma pubblicare le foto di minori senza consenso, è opportuno oscurare i volti, renderli irriconoscibili attraverso la sfocutura e la pixellatura, o evitare di riprendere il viso. Il Garante della Privacy raccomanda massima prudenza nel pubblicare foto o video nel web. Nel Deep Web, la rete più profonda e sommersa che sfugge ai motori di ricerca popolari e ai regolamenti di tutela, spesso si consumano tanti reati, quali pedopornografia, traffico di esseri umani, spaccio di droghe, farmaci e armi, prostituzione e commercio illegale, fenomeni virtuali che inducono i minori al suicidio come il pericoloso “gioco” del Blue Whale.