All’avvento dei primissimi modelli di AI, risalenti ormai all’inizio degli anni ’20 del Ventunesimo secolo, la credenza che questi ultimi potessero rappresentare un’opportunità di livellamento tra lavoratori più e meno qualificati era assai diffusa.
Una credenza che, però, è stata smentita dagli ultimi studi. Le ricerche più recenti suggeriscono infatti che, come già avvenuto con altre importanti innovazioni tecnologiche, anche i sistemi AI porteranno ad una disparità piuttosto netta tra coloro che saranno in grado di padroneggiarli e chi, invece, non troverà con tali software la medesima dimestichezza.
Uno dei rischi maggiormente temuti dagli esperti è quello della progressiva sparizione del pensiero critico, della capacità di pensare con la propria testa senza affidarsi ai modelli AI. Questi ultimi tendono infatti a prediligere le tendenze del momento, gli argomenti di maggiore interesse e, di fatto, contribuiscono a rafforzare sempre più il pensiero dominante.
Una conseguenza di tale fenomeno è quella del totale affidamento a sistemi AI anche per i lavori solitamente più creativi, come quelli incentrati sulla scrittura, poiché spesso, dopo il primo utilizzo, sono molti coloro che decidono di continuare a dare fiducia a tali software. Questo potrebbe portare alla sempre minor richiesta di competenze specifiche da parte delle aziende che, al contrario, ricercheranno personale qualificato nello svolgimento di compiti grazie all’AI.
Potremmo quindi assistere ad una diminuzione di tutte quelle mansioni considerate minori, o comunque sostituibili dall’AI, a vantaggio di ruoli in cui le capacità di utilizzare certi modelli si rivelino fondamentali. Chi, ad oggi, non ha particolari difficoltà nel maneggiare questi software potrebbe ricavarne un grande vantaggio in futuro. Al contrario, tutti coloro che si ritrovano in difficoltà di fronte alle tecnologie più recenti potrebbero essere pesantemente penalizzati.
S.C.
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