Per mesi ci è stato detto che l’AI avrebbe rivoluzionato ogni settore, sostituito ogni lavoro e portato una nuova età dell’oro tecnologica. Ma sotto il luccichio della promessa si agita un dubbio sempre più grande: e se fosse solo una bolla?
Alcuni segnali fanno riflettere. Microsoft ha recentemente rivisto al ribasso i suoi piani di espansione energetica per i data center AI, tagliando investimenti per oltre due gigawatt. Amazon ha congelato progetti simili, mentre Nvidia ha avvisato che la domanda per GPU AI potrebbe non crescere indefinitamente.
Intanto, la sostenibilità economica dei modelli più potenti resta dubbia: OpenAI perde denaro su ogni query e Perplexity propone modelli di business iper-invasivi pur di monetizzare. Gli analisti parlano di saturazione del mercato e di concentrazione in atto, dove solo due o tre attori potranno sopravvivere. I margini sono risicati, l’energia richiesta è enorme e i costi di addestramento aumentano più in fretta dei ritorni.
In questo contesto, episodi grotteschi, come quello di Henry Blodget che flirta con un agente AI immaginario, diventano sintomi di un entusiasmo collettivo fuori controllo. Il delirio narrativo che circonda l’AI si alimenta della FOMO, la paura di restare indietro, ma rischia di ignorare i dati reali. Gli investitori più scaltri stanno già uscendo dal gioco, mentre altri cercano ancora di passare il cerino acceso.
Il punto è questo. Se mai dovesse realmente scoppiare la bolla, non lo farà all’improvviso, ma un indizio dopo l’altro. E quando la polvere si poserà, ci servirà lucidità per riconoscere le dinamiche che hanno portato fin qui e spirito critico per non ripeterle con la prossima grande promessa tecnologica.
A.C.
Diritto dell’informazione
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