L’Intelligenza Artificiale conquista più fiducia a Lagos che a Berlino. È quanto emerge dall’ultimo Human Development Report del Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP), che mette nero su bianco un dato controintuitivo: la fiducia nei sistemi di AI è più alta nei Paesi a basso o medio reddito che in quelli ad alto sviluppo.
La ricerca, basata su un sondaggio condotto tra novembre 2024 e gennaio 2025 in 21 Paesi, ha coinvolto oltre 21.000 persone, il 63% della popolazione mondiale. Il risultato è netto: nei Paesi con sviluppo umano medio o basso, oltre il 60% degli intervistati ritiene che l’AI operi nel miglior interesse della società. In Cina il consenso raggiunge l’83%, seguito da India, Nigeria, Pakistan, Egitto e Kirghizistan.
All’opposto, i cittadini di Paesi con HDI (indicatore del progresso di un paese nel campo dello sviluppo umano) molto alto, come Stati Uniti, Germania, Australia e Italia, appaiono più guardinghi. Più tecnologia, meno entusiasmo. Una dinamica che sembra smentire l’equazione tra ricchezza e ottimismo tecnologico.
Anche l’Italia rientra tra le nazioni con sviluppo molto alto e mostra livelli di fiducia inferiori alla media globale. Nessun dato percentuale specifico, ma il posizionamento nel report lascia intendere una certa cautela dell’opinione pubblica. Il Giappone è l’unica eccezione, dove il 65% degli intervistati si dichiara favorevole all’AI.
Il report mostra una correlazione inversa tra sviluppo economico e fiducia tecnologica. Una frattura culturale che chiama in causa variabili come disuguaglianza, accesso ai servizi digitali, percezione del rischio. Nei Paesi meno sviluppati, l’AI viene vista come un’opportunità per colmare divari, con impatto positivo su salute, istruzione e lavoro. Altrove, è più spesso temuta come minaccia all’occupazione, alla privacy e al controllo democratico.
La fiducia non è un effetto collaterale. È una condizione necessaria per l’adozione. Come spiega il consigliere dell’UNDP (Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo), se un’azienda produce una nuova tecnologia ma le persone non si fidano, semplicemente non la useranno.
Un’indagine parallela dell’UNDP Accelerator Labs in 16 Paesi del Sud globale mostra però che a questa fiducia non corrisponde sempre un’adeguata comprensione tecnica dell’AI: serve più consapevolezza, rafforzare le capacità critiche e regolatorie nei contesti più ottimisti, per evitare approcci acritici o passivi all’adozione dell’AI.
La tecnologia, insomma, non basta. La sfida non è solo produrre AI sempre più performanti, ma costruire fiducia consapevole. Perché senza comprensione non c’è libertà di scelta, e senza scelta non c’è vero sviluppo.
A.C.