In questa intervista, Laura Caradonna, Presidente della Consulta Femminile Interassociativa Milano, parla delle battaglie portate avanti in questi mesi per colmare il gap di opportunità uomo-donna accentuato dal lockdown e dalle restrizioni nella vita di tutti i giorni e rilancia alcuni progetti culturali sviluppati negli ultimi anni.
Il cambio di vita imposto dalla pandemia e dal lockdown ha danneggiato soprattutto le mamme, che hanno dovuto dividersi tra lavoro e gestione dei figli a casa. Come intervenire per evitare che le donne continuino ad essere penalizzate qualora questa situazione di emergenza sanitaria si prolungasse?
Nella Consulta femminile di Milano sono presenti 17 associazioni di donne, il comune denominatore che le accomuna è dover vivere ogni giorno una pluralità di ruoli che richiedono tutti attenzione e cura. Tra lavoro, famiglia, casa, un gioco ad incastro nel quale siamo diventate abilissime. Lo spirito di adattamento è una specialità femminile da secoli e la pandemia è stata durante il lockdown un’ulteriore sfida. Generalizzare non rende l’idea. Le mamme con bambini piccoli hanno vissuto tra pc, capricci e giochi. Ancora più complessa la gestione dei figli in età scolare perché la didattica a distanza non era una metodologia alla portata di tutte. I compiti e le lezioni sono diventati spesso un ulteriore lavoro che ha messo a dura fatica la pazienza di molte. Chi ha conservato il lavoro con la formula dello smartworking ha aggiunto la tensione di rimanere connessa con la sua azienda, spesso lavorando ad orari straordinari; alcune, purtroppo hanno mollato il colpo. Questa è stata l’emergenza. Sono nate però una serie di iniziative di supporto reciproco a volte davvero sorprendenti. Tra vicine abbiamo fatto squadra, i padri hanno scoperto lati della vita quotidiana casalinga trascurati, e anche tra colleghi di lavoro si è manifestata una solidarietà a volte insospettata. Questa l’emergenza. Ora la fase delicata vede noi donne in una fase critica davvero epocale. La linea di demarcazione tra la vita normale di prima e quella attuale è sottile e si gioca su un concetto di prudenza e di sicurezza che attraversa tutti i settori. Spesso i nonni vanno a prendere i bambini e li tengono fino al rientro delle mamme, spesso i genitori gestiscono gli spazi degli adolescenti in attività sportive, spesso il carico economico viene distribuito su più redditi. Tutto ciò ha il sovraccarico dell’ansia e del timore…
Quali attività ha svolto la sua consulta in questo anno così impegnativo e particolare per la società italiana?
La Consulta non si è fermata un momento. Anzi. Abbiamo lavorato in contatto continuo tramite video call per elaborare proposte concrete da sottoporre alle istituzioni. All’interno della Consulta ci sono donne giuriste, donne medico, donne manager, donne casalinghe, donne ingegnere e donne impegnate da anni nel volontariato e nello sviluppo sociale non solo al femminile ma di tutti. Siamo abituate a rendere soluzioni pratiche alle problematiche anche complesse. Stiamo ragionando sulle prospettive dello smartworking nella vita delle donne. Fondamentale che non abbia una ripercussione nelle carriere dove le donne già faticano a rompere vecchi schemi e pregiudizi. Per le giovani occorre dare spazio a nuove figure professionali e promuovere iniziative e opportunità innovative che rilanciano settori alternativi ai grandi gruppi quali l’artigianato e le piccole imprese. Basta far vivere le giovani tra corsi, stage e tirocini mal pagati che trascinano troppo in là l’effettiva indipendenza economica delle ragazze con risvolti anche nella vita affettiva e di eventuali maternità!
Che ruolo hanno le tecnologie nelle vostre attività professionali?
In questo le donne presenti nella Consulta lavorano già da tempo. Non si può fare di ogni erba un fascio e ci siamo rese conto ben presto che ci sono pregiudizi duri a morire. Le donne usano le tecnologie spesso con molta più competenza di quello che ci immaginiamo. Abbiamo fatto un’indagine sull’utilizzo dei servizi utili nel quotidiano e sviluppati on line e le donne sono al primo posto. Perché? Per risparmiare tempo e fatica in primis e poi per curiosità o per esigenze professionali. La possibilità di interfacciarsi velocemente rende più multidisciplinare l’approccio alle tematiche e anche attraverso le associazioni dà l’opportunità di costruire relazioni anche con donne dell’altra parte del globo. Certo non è sempre così ed è ancora presente uno zoccolo duro di donne refrattarie all’uso delle nuove tecnologie che delegano a parenti o a dipendenti l’uso di internet ma sono sempre meno. Le riunioni professionali si facilitano, le distanze si annullano e nel privato vedere nipoti lontani è un desiderio che rompe la fatica di imparare l’uso del digitale. L’uso delle nuove tecnologie è un patrimonio per il mondo femminile.
Era digitale e identità di genere: qual è il ruolo della Rete nella tutela dell’identità femminile?
Questo è un tasto dolente. Purtroppo in Rete gira un modello femminile ancorato ad una mentalità arcaica e maschilista. La donna proposta come vincente è quella bella da photoshop, giovane, disponibile e alla ricerca del consenso maschile. Che tristezza! Le donne del terzo millennio sono ben altro ma se ti scosti da quel modello piovono critiche anche feroci in grado far danni all’autostima delle più giovani. La comunicazione in Rete ha tanta strada da fare e tanta coscienza da educare. La donna non è tutelata in Rete come spesso non lo è nella vita reale. Nella Consulta abbiamo un progetto che si titola FIN DA BAMBINA che portiamo nelle scuole e presso le istituzioni. Fin da piccole occorre insegnare le regole del rispetto reciproco e modificare stereotipi famigliari duri a morire.
La tecnologia contribuisce a fornire pari opportunità?
Vorrei dire di sì con un gran sorriso ma non credo. La diseguaglianza che rende lontane le pari opportunità di vede nelle buste paga, nelle scelte dei cv, nei processi decisionali, negli aiuti alla maternità. Stiamo facendo molto ma la strada è lunga e la crisi economica non aiuta. Più che la tecnologia qui aiuta la coscienza che magari in Rete viaggia più in fretta.
E’ l’ideatrice del progetto Women Go Digital. Di cosa si tratta?
WOMEN GO DIGITAl è la prima piattaforma femminile al mondo interassociativa. Le donne presenti nelle associazioni femminili fanno rete da tanti anni, la Consulta femminile di Milano è nata nel 1963 e da allora non si è mai fermata. Ogni anno,senza clamore, ma con tenacia le donne hanno elaborato soluzioni e progetti concreti che oggi sembrano preistoria ma allora hanno fatto la differenza. Questa community si traghetta nell’era digitale in Rete e così le diverse competenze professionali, le diverse esigenze sociali ma anche di business e le diverse proposte delle socie e delle donne saranno collegate tra loro sia a livello nazionale sia internazionale. Un universo di opportunità e di risorse per tanto tempo sommerso viene a galla. Così la pandemia farà meno paura e il futuro sembrerà più vivibile e sereno per tutti.
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