TikTok è ancora al centro di polemiche sulla privacy dei dati. Brendan Carr, commissario della Federal Communications Commission (l’autorità per le telecomunicazioni statunitense) ha indirizzato una lettera aperta a Tim Cook, il ceo di Apple e a Sundar Pichai, ceo di Google chiedendo di rimuovere TikTok dai propri app store.
Come supporto alle sue argomentazioni, Carr fa riferimento a un articolo di BuzzFeed datato 17 giugno, in cui la testata svela una serie di audio (circa ottanta) registrati in vari meeting tra dipendenti di TikTok in Cina. Dagli audio emerge che gli ingegneri cinesi hanno avuto accesso ai dati degli utenti statunitensi almeno dal settembre 2021 al gennaio 2022. “Tutto viene visto in Cina” ha detto un dipendente del team Trust and Safety di TikTok in una riunione avvenuta a settembre 2021. Negli audio viene citato anche un certo “Master Admin”, un dipendente che avrebbe accesso a ogni tipo di informazione.
Dopo la pubblicazione di BuzzFeed, Tik Tok è subito corso ai ripari, annunciando che il cento per cento dei dati di utenti statunitensi sarebbe stato trasferito ai server cloud di Oracle. «Stiamo anche apportando modifiche operative in linea con questo lavoro, incluso il nuovo dipartimento che abbiamo recentemente istituito, con una leadership con sede negli Stati Uniti, per gestire esclusivamente i dati degli utenti statunitensi per TikTok», ha dichiarato la società.
Ma la discussione non è certo nuova. Nel 2019, ancora sotto l’amministrazione Trump, il Comitato per gli Investimenti Esteri aveva iniziato a indagare sulle implicazioni di sicurezza nazionale della raccolta dati da parte di TikTok. Nel 2020 era arrivato l’ordine esecutivo del presidente, che minacciava il ban completo dell’applicazione negli Stati Uniti. TikTok aveva risposto, affermando di non aver mai condiviso nessun dato di cittadini americani con il governo cinese, e che non l’avrebbe mai fatto.
Inoltre, Carr nella sua lettera cita il caso dell’India, “la più grande democrazia del mondo”, che ha bannato TikTok dal 2020. Il commissario porta anche altri esempi a dimostrazione dell’inaffidabilità dell’applicazione in termini di privacy, come la class action del 2021, in cui l’azienda ha dovuto pagare 92 milioni di dollari ai cittadini americani che l’avevano denunciata per trasferimento di dati a terzi senza consenso. Anche in quell’occasione, TikTok aveva negato tutte le accuse.
Carr ha chiesto una risposta da parte di Google e Apple entro l’8 luglio: se non rimuoveranno l’applicazione dovranno fornire una spiegazione convincente sul perché la presenza di TikTok non sarebbe in violazione della policy degli store.