Per molti bambini, restare senza tablet o smartphone provoca disagio. Non solo per gli adolescenti, ma già in età prepuberale, la connessione continua sta diventando un bisogno difficile da gestire. Il rapporto How’s Life for Children in the Digital Age?, pubblicato dall’OCSE, fotografa una realtà preoccupante: il digital è presente ovunque nella vita dei minori, ma non sempre in modo sano.
Secondo i dati raccolti, il 17% dei bambini si sente nervoso o ansioso quando non ha accesso ai propri dispositivi digitali. Il 98% dei quindicenni nei Paesi OCSE possiede uno smartphone, e oltre un quarto ammette di contribuire alla diffusione di fake news online. Il 51% dichiara di saper modificare autonomamente le impostazioni sulla privacy. Tutti dati che mostrano quanto i giovani sappiano muoversi sempre più agevolmente nel web, ma non sempre con gli strumenti giusti.
Nel frattempo, aumentano le cybermolestie e si afferma un uso problematico dei social, spesso associato a disturbi emotivi, isolamento e difficoltà relazionali. L’OCSE sottolinea come i lunghi tempi trascorsi online sostituiscano attività fondamentali per lo sviluppo: lettura, sport, gioco con i coetanei, tutte esperienze che costruiscono l’identità e contribuiscono alla salute mentale dei bambini.
È difficile avere certezza sui danni a lungo termine: sicuramente uno sviluppo cognitivo differente da quello che ha contraddistinto l’uomo fino ad oggi. Ma si tratta di naturale evoluzione o di regressione? Come cambierà la gestione dei rapporti umani in un futuro sempre più elettrico e segnato dalla distanza sociale?
Secondo l’organizzazione serve un cambio di passo. È urgente rafforzare la regolamentazione, migliorare le competenze digitali, supportare le famiglie, ascoltare e aiutare i bambini a raggiungere una piena consapevolezza del proprio sé, per una volta libero da appendici tecnologiche. Perché un disagio sottovalutato oggi può diventare un’emergenza domani.
A.C.