Nel periodo gennaio-giugno del 2021 l’export dell’agroalimentare lombardo ha fatto registrare un +12,2% sullo stesso periodo sia del 2020 che del 2019, attestandosi a un valore complessivo di 3,8 miliardi di euro. È quanto emerso dalla presentazione dei dati sulla agricoltura lombarda nel primo semestre del 2021. Quasi tutte le province fanno registrare un segno positivo, partendo da Milano, Cremona, Mantova e Brescia. L’indagine congiunturale sull’agricoltura lombarda è promossa da Unioncamere Lombardia e Regione Lombardia, in collaborazione con le Associazioni regionali dell’Agricoltura e della cooperazione agroalimentare.
L’assessore regionale lombardo all’Agricoltura, Alimentazione e Sistemi verdi, Fabio Rolfi ha dichiarato: “Bene i dati sull’export perché certificano quanto la qualità e la sicurezza alimentare dei prodotti lombardi siano apprezzati in tutto il mondo. Cresciamo anche rispetto ai dati pre pandemia. Ora però il vero problema è quello del costo delle materie prime. Un tema da affrontare subito per evitare una lievitazione dei prezzi dei prodotti finiti e per salvaguardare la redditività delle aziende”.
Il presidente di Unioncamere Lombardia, Gian Domenico Auricchio ha specificato: “Lo stato di salute dell’agricoltura lombarda è solido: lo confermano sia i consumi interni che l’export vigoroso, a testimonianza di quanto sia importante avere una base forte e diversificata di imprese e produttori. Le aziende si sono adattate in fretta al nuovo scenario ma ci sono ancora tensioni sui prezzi, sia per i maggiori costi dei fattori di produzione che per la contrazione dei consumi fuori casa, mentre nel primo semestre manca ancora in gran parte il canale HoReCa”.
Il risultato complessivo dell’agricoltura regionale è il risultato di dinamiche settoriali differenziate: il lattiero-caseario beneficia del buon andamento della domanda mondiale e dei prezzi delle principali produzioni, che si mantengono sopra i livelli dello scorso anno. Il rincaro dei mangimi non consente però di sfruttare appieno le condizioni favorevoli del mercato. Inoltre, le quotazioni delle carni suine mostrano un andamento positivo sia nel circuito DOP che non DOP, ma anche in questo caso la redditività risulta compressa dall’impennata dei costi produttivi.
Si aggiunge poi che le carni bovine evidenziano i risultati peggiori nel comparto zootecnico, senza riuscire a recuperare rispetto alla situazione difficile del 2020. La lieve crescita delle quotazioni e la stabilità dei consumi non permettono di compensare i maggiori costi per l’alimentazione animale.
I cereali rappresentano il settore in maggiore salute, per via dei record raggiunti dai prezzi di mais e frumento, che dovrebbero rimanere elevati anche nei prossimi mesi permettendo di assorbire senza problemi i rincari degli input produttivi.
Il vino continua a soffrire le limitazioni del canale Ho.Re.Ca, sebbene le valutazioni siano in miglioramento rispetto a un 2020 estremamente negativo, anche grazie alla diversificazione dei canali distributivi. Infine, i prezzi hanno mostrato alcuni segnali di ripresa, che però non si sono estesi a tutte le denominazioni.