“L’HIV non rappresenta più la sentenza inappellabile di quarant’anni fa. Eppure, come psicologhe e psicologi, non possiamo non contribuire ad una riflessione ampia su come favorire l’integrazione dell’esperienza psicologica del contagio nelle vite dei nostri pazienti. In questi ultimi due anni abbiamo familiarizzato, nostro malgrado, con il tema della pandemia, della trasmissione virale: che sia questo uno spunto per sensibilizzare anche le nuove generazioni sul tema dell’HIV, una pandemia che per anni si è mossa silente tra noi, purtroppo alimentata anche da drammatici pregiudizi”, sottolinea Laura Parolin, presidente dell’Ordine degli Psicologi della Lombardia (nella foto).
“Quante cose sono cambiate, dal 1981! Grazie ai farmaci antiretrovirali, introdotti nel 1996, per chi si occupa di HIV, si è passati dall’accompagnare alla morte, all’accompagnare all’integrazione dell’HIV all’interno della propria vita. Si è passati, per le tutte le persone affette, dal parlare di speranza di vita a qualità di vita” commenta Alessandra Bianchi, psicologa psicoterapeuta, che collabora da più di dieci anni con ASA Onlus, associazione milanese che sin dagli anni ’80 si occupa del supporto delle persone sieropositive e della lotta contro la diffusione dell’HIV. “Ma perché ancora oggi è necessario, se la situazione è così migliorata, parlare di HIV? Non solo per festeggiare i traguardi, purtroppo. Non solo per ricordare chi non c’è più. Parlare di HIV oggi vuol dire ricordare che, sebbene una buona parte di noi la ritenga un problema di altri tempi, di altre persone, di altri luoghi, è un problema anche nostro, anche di adesso. Fare tutti controlli regolari resta la migliore azione per combattere la diffusione dell’HIV.”
“In questi quarant’anni è stato fatto molto, ma accanto alla narrazione storica deve necessariamente esserci una visione che tiene conto del presente e guarda al futuro. Occorre dunque che tutti gli attori coinvolti agiscano affinché si possa investire in ricerca, contare su un accesso agevole alle cure, su terapie innovative, su azioni di informazione e prevenzione, sull’abbattimento dello stigma e su una buona qualità della vita per le persone sieropositive. Siamo abituati a guardare quanto ancora resta da fare, ed è giusto, ma bisogna anche sottolineare quanto quello finora fatto abbia consentito di guardare in avanti con fiducia, passando anche per la politica oggi impegnata nella revisione, su iniziativa dell’Intergruppo Parlamentare L’Italia ferma l’AIDS e del suo promotore Mauro D’Attis, della legge 135 che era innovativa nel 1990 quando è stata promulgata, ma necessita oggi di un aggiornamento” conclude Rosaria Iardino, Presidente Fondazione The Bridge.