Nel marzo 2025, la battaglia legale tra OpenAI e il Garante privacy italiano entra nel vivo. Dopo la sanzione di 15 milioni di euro inflitta nel dicembre 2024 per presunte violazioni nella raccolta dei dati personali e nella protezione dei minori, OpenAI ha presentato il ricorso al Tribunale di Roma, giudicando sproporzionata la sanzione. Il giudice ha concesso la sospensione del provvedimento, in attesa della sentenza definitiva.
Il cuore del contenzioso ruota attorno a tre questioni chiave: la mancanza di una base giuridica solida per l’uso dei dati personali a fini di addestramento di ChatGPT, l’assenza di adeguati sistemi di verifica dell’età degli utenti e la carenza di trasparenza nella gestione dei dati.
Il Garante ha contestato a OpenAI l’accesso indistinto al servizio anche da parte di minori under 13, senza filtri né meccanismi di verifica dell’età. Un rischio, secondo l’autorità, che espone soggetti vulnerabili a contenuti non adatti e a un trattamento improprio dei dati.
Un altro punto critico è la trasparenza: l’assenza di informative chiare sull’uso dei dati ha spinto il Garante ad attivare, per la prima volta, i poteri dell’art. 166 comma 7 del Codice privacy, imponendo a OpenAI una campagna informativa per sensibilizzare gli utenti sui loro diritti.
Il caso italiano, pur partendo da una contestazione nazionale, ha implicazioni globali. Le decisioni del tribunale potrebbero rappresentare un precedente importante per la regolamentazione dei sistemi di intelligenza artificiale generativa in Europa. L’obiettivo è un equilibrio tra innovazione e tutela dei diritti fondamentali, soprattutto per i minori.
A.C.
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