I “fake podcast” sono l’ultima discutibile vetta toccata dallo sviluppo tecnologico e dell’intelligenza artificiale.
L’idea nasce dal conduttore americano Joe Rogan (già in passato al centro di numerose controversie), il quale nella sua trasmissione intervista Steve Jobs nonostante il cofondatore Apple sia ormai morto da undici anni.
In questa prima intervista pubblicata sulla nuova piattaforma Podcast-AI, Rogan duetta per una ventina di minuti con uno Steve Jobs che ride, scherza e parla un po’ a vanvera di questioni passate e attuali.
Come rendere possibile tutto ciò? Servendosi di una serie di modelli di intelligenza artificiale che riescono a clonare voce e bagaglio di conoscenze pubbliche di Jobs (attraverso vecchi articoli che lo riguardano, interviste, appunti), dando forma ad un bot “intelligente” che risponde attingendo al suo sapere per formulare frasi che sono un mix di pezzi delle frasi effettivamente da lui dette.
Sebbene il risultato finale sia soddisfacente, rimangono ancora delle imperfezioni legate ad esempio ai ritmi e alla cadenza della voce ricreata.
Il podcast tuttavia è solo all’inizio e, come dichiarato da Rogan, sono pronte tante altre puntate i cui protagonisti potranno essere direttamente suggeriti dagli ascoltatori.
Un paradosso incredibile quello di poter generare un “gemello digitale” da intervistare di qualsiasi persona non più in vita che abbia lasciato una traccia di frasi registrate.
Come per ogni deepfake e forse anche di più, questo sistema può però creare una serie infinita di problemi: falsificazioni, introduzione di falsi storici, disinformazione e modifica della realtà. Per personaggi pubblici che hanno migliaia e migliaia di ore di video in circolazione, creare un pezzetto di audio in cui si fa dire qualcosa di inventato ma plausibile è un rischio concreto.