Nella giornata di ieri, Liliana Segre si è presentata in Senato per dare il via ai lavori della prima riunione operativa della commissione anti-odio.
La commissione venne creata il 30 ottobre 2019. All’epoca, l’atto passò con 151 voti favorevoli e l’astensione di 98 senatori del centrodestra e vedeva come prima firmataria proprio la senatrice a vita. Così, quando il 15 aprile si tenne la prima seduta della neo commissione straordinaria, Segre venne eletta presidente. Per quanto riguarda la sua composizione, la commissione consta di venti membri, ed è chiamata a osservare, studiare e intervenire sui fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo, istigazione all’odio e alla violenza verso persone o gruppi sociali in base a etnia, religione, orientamento sessuale o condizioni fisiche o psichiche particolari. Segre commentò la nascita della commissione affermando: “Spero che possa diventare un momento importante per la Repubblica visto che il linguaggio dell’odio è una cosa che mi ha ferito tutta la vita. Ho cominciato a sentire molto presto le parole dell’odio e se posso concludere la mia vita mettendo una di quelle piccole pietre che nei cimiteri ebraici si mettono sulle tombe per dire “io sono venuto a trovarti”, allora anche questo inizio di commissione è una piccola pietra”.
La presenza di una commissione anti-odio nel nostro Paese è coerente con le richieste del Consiglio d’Europa che, nel 2010, raccomandava a tutti gli Stati di prendere adeguate contromisure per i discorsi d’odio, di genere ed omofobici. Nonostante, ad oggi, non vi sia una definizione internazionalmente condivisa di hate speech, è sempre il Consiglio d’Europa ad aver fornito una descrizione di questa espressione di odio, indicandola come “il fatto di fomentare, promuovere o incoraggiare, sotto qualsiasi forma, la denigrazione, l’odio o la diffamazione nei confronti di una persona o di un gruppo, nonché il fatto di sottoporre a soprusi, insulti, stereotipi negativi, stigmatizzazione o minacce una persona o un gruppo e la giustificazione di tutte queste forme o espressioni di odio testé citate, sulla base della “razza”, del colore della pelle, dell’ascendenza, dell’origine nazionale o etnica, dell’età, dell’handicap, della lingua, della religione o delle convinzioni, del sesso, del genere, dell’identità di genere, dell’orientamento sessuale e di altre caratteristiche o stato personale”. Con il passare del tempo, l’attenzione sulle dinamiche di hate speech si è intensificata sempre di più in numerosi Stati, poiché l’esistenza stessa di queste manifestazioni d’odio è indicatrice della permanenza di pregiudizi e stereotipi, di un’aggressività verso le minoranze, e, in senso generale, di una fragilità e confusione del sistema socio-culturale della Nazione, che finisce per essere vittima di una rabbia cieca.
L’intenzione di Segre è quella di fare in modo che i lavori della commissione si rivolgano alle istituzioni politiche, al fine di ricercare un cambiamento legislativo, senza però dimenticare il dialogo con le nuove generazioni. Nella giornata di ieri, la senatrice a vita ha richiesto collaborazione e “spirito unitario”, insistendo sulla necessità di superare le divisioni tra maggioranza e opposizione su questi temi. L’aula del Senato si è riempita di lunghi applausi, che esprimono l’unanime via libera all’indagine che toccherà i temi principali della commissione: l’hate speech come strumento per limitare la libertà d’espressione delle vittime, i rischi collegati all’impiego dell’intelligenza artificiale e degli algoritmi, che stanno assumendo sempre più voce in capitolo nella selezione dei contenuti da suggerire e pubblicare, il contrasto al bullismo nelle scuole.
Segre è particolarmente fiduciosa nella riuscita dell’indagine e commenta: “Siamo fortissimi e con questo lavoro capiremo ancora di più perché combattiamo contro l’odio”.
SF