L’Intelligenza Artificiale sta modificando anche il campo dell’educazione scolastica. Ma non basta che la scuola cambi nei programmi o nei dispositivi: deve cambiare nel modo in cui riconosce e abita le differenze.
Non si tratta solo di nuovi strumenti o piattaforme, ma di un possibile ripensamento del modo in cui si organizza la didattica, in particolare per gli studenti con bisogni educativi speciali. In questo contesto, l’uso dell’AI per alunni neurodivergenti (bambini e ragazzi con disturbi del neurosviluppo come autismo, ADHD e dislessia) apre scenari concreti che vanno oltre l’inclusione formale.
Oggi, molti strumenti basati su Intelligenza Artificiale sono già in grado di supportare le difficoltà legate all’attenzione, alla lettura, alla comprensione uditiva o alla gestione del tempo. Un assistente AI può scandire attività in micro-task, suggerire strategie metacognitive, leggere testi ad alta voce o proporre contenuti in formato visivo. Tutte funzionalità che, se integrate in una progettazione didattica matura e consapevole, possono aumentare la fruibilità dei contenuti scolastici.
Tuttavia, l’efficacia di questi strumenti non dipende solo dalla tecnologia. È necessario un quadro pedagogico che li guidi. L’AI, se utilizzata senza criteri, può contribuire a standardizzare anche ciò che nasce per valorizzare le differenze. Per questo è fondamentale una progettazione costruita sui bisogni effettivi degli studenti e capace di adattarsi ai loro stili cognitivi. La tecnologia non deve semplificare i contenuti, ma renderli accessibili con modalità diverse.
La scuola, soprattutto nell’ambito extracurricolare, ha l’occasione di sperimentare percorsi personalizzati, affiancando alla mediazione umana strumenti intelligenti capaci di offrire supporto continuativo. Ma ciò richiede nuove competenze per i docenti, la definizione di criteri di valutazione aggiornati e un lavoro condiviso tra famiglie, specialisti e istituzioni scolastiche.
La vera posta in gioco non è quindi l’inclusione come riparazione, ma come fondamento. L’AI, se pensata pedagogicamente, può aiutarci a immaginare una scuola dove il sapere non è più misura del conforme, ma occasione di incontro tra differenze. Perché educare non significa rendere uguali, ma dare forma a una molteplicità che pensa in insieme.
A.C.