Governare l’AI nella Pubblica Amministrazione non è più un esercizio teorico. Il rapporto AgID 2025 fa il punto sull’uso dell’Intelligenza Artificiale nella Pubblica Amministrazione italiana. Sono stati coinvolti 108 enti pubblici: 45 di questi hanno avviato almeno un progetto di AI, per un totale di 120 iniziative, soprattutto in ambito economico e finanziario. Tra chatbot, sistemi predittivi, machine learning e AI generativa, qual è l’obiettivo principale? Sicuramente migliorare l’organizzazione interna e i servizi ai cittadini. Ma in cosa la PA risulta carente?
La maggior parte dei progetti utilizza l’AI tradizionale: si usano per lo più strumenti di machine learning su dati già strutturati. Più della metà dei progetti sfrutta chatbot o assistenti virtuali per automatizzare risposte e richieste. Ma tecnologie più complesse, come l’AI generativa o i sistemi predittivi, sono ancora poco presenti. Inoltre, molti progetti sono in fase sperimentale: l’AI è entrata nella PA, ma senza ancora cambiare le regole del gioco.
Un altro grande limite riguarda i dati. La maggior parte delle amministrazioni usa solo dati interni, spesso frammentati, non organizzati o aggiornati. Mancano standard condivisi sulla qualità: senza dati affidabili, anche l’AI migliore può fallire.
Un altro punto debole è la valutazione dei risultati. L’80% dei progetti non ha definito criteri o indicatori per capire se le soluzioni funzionano. Senza misurazioni, è difficile migliorare o decidere se vale la pena estendere un progetto.
Dal punto di vista normativo, il rapporto si muove tra due riferimenti: il Regolamento europeo AI Act e la proposta di legge italiana sull’AI. Entrambi pongono l’accento su trasparenza algoritmica, responsabilità umana e tutela dei diritti. La legge italiana introduce anche nuove figure professionali per gestire e monitorare l’uso dell’AI nella PA.
Il rapporto AgID solleva anche il nodo della sostenibilità ambientale: pochi progetti tengono conto dei consumi energetici dei modelli, specie quelli generativi. Un tema destinato a diventare cruciale nei prossimi anni, anche in vista degli standard europei.
Cosa serve in sintesi? Una strategia nazionale che punti su dati aperti, interoperabili e di qualità, una governance condivisa tra centro e territorio e competenze specialistiche in ogni ente. Infine, anche un monitoraggio sistematico degli effetti dell’AI, sia a livello tecnico, sia sulla vita umana.
Il messaggio è chiaro: l’AI può rafforzare la PA, ma solo se guidata con intelligenza politica, rigore tecnico e attenzione sociale. Altrimenti rischia di restare un insieme di sperimentazioni senza rotta. L’innovazione non è mai neutra: o si governa o ci governa.
A.C.