L’intelligenza artificiale entra ufficialmente nell’ambito giudiziario italiano, ma con cautela. Il 20 marzo 2025 il Senato ha approvato il Ddl AI, recependo e integrando i principi dell’AI Act europeo. La novità più rilevante: l’AI potrà affiancare il lavoro di avvocati e magistrati, per attività strumentali, come ricerca giuridica, sintesi di testi, suggerimenti, ma la responsabilità rimarrà sempre umana.
E non è solo una questione di principio: è una scelta necessaria per tutelare l’autonomia, la qualità e la deontologia delle professioni legali. Ai professionisti è inoltre richiesto di informare i clienti sull’impiego dell’AI, come indicato dalla “Carta dei principi” dell’Ordine degli Avvocati di Milano.
Il primo caso emblematico arriva dal Tribunale di Firenze: un avvocato usa ChatGPT per redigere un atto e viene sanzionato per colpa delle “allucinazioni” dell’AI, che ha inventato riferimenti normativi inesistenti.
Resta aperta, quindi, la questione su come accertare eventuali violazioni. In assenza di anomalie evidenti, l’utilizzo illecito di AI è difficile da rilevare. L’atto però non sarà annullato, ma potrebbero scattare sanzioni disciplinari.
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