L’IA generativa è uno degli strumenti più utilizzati al mondo. Sono milioni gli utenti che quotidianamente accedono ai servizi di aziende come OpenAI o DeepSeek per liberare la propria fantasia e divertirsi a formulare richieste al chatbot in questione per ottenere una specifica immagine.
C’è anche chi, però, su questo tipo di tecnologia investe molto del proprio tempo e anche con una certa serietà. Non sono rari infatti casi di persone che, attraverso input anche molto elaborati e quindi più complessi da formulare, hanno generato delle autentiche opere artistiche, spesso anche dal grande impatto visivo.
Il problema relativo ad una simile attività è legato ai diritti d’autore. Secondo il tribunale distrettuale federale del District of Columbia, che si è pronunciato in questi giorni sulla questione, tutte le IA che sono in grado di generare questo tipo di immagini non possono godere di copyright.
È infatti necessaria, secondo il Copyright Act degli anni ’70, la mano umana per proteggere un’opera con il diritto d’autore. L’IA, quindi, non può per ora godere di tale privilegio e tutto ciò che viene generato dalla sua attività, semplicemente, non ha un vero e proprio creatore.
Una delle questioni che spesso viene sollevata quando si discute di tale tema riguarda l’impatto che l’uomo ha su queste creazioni. L’input fornito all’IA è sempre generato da una mente umana, quindi dalla sua creatività, ma questo non basta per garantire il copyright all’opera del caso.
L’eccezione è rappresentata da pochissimi episodi, nei quali la mano dell’uomo è stata indispensabile per riuscire a generare proprio quella specifica immagine. In tutti gli altri casi, il diritto d’autore non viene riconosciuto, almeno per ora.
S.C.
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