Una malattia invalidante a livello fisico e psicologico che spesso può portare anche ulteriori conseguenze sul piano lavorativo e professionale, togliendo l’opportunità di essere considerate persone “normali”: chi si trova a dover combattere una battaglia contro il tumore (o chi è vicino a parenti o amici che vivono periodi di sofferenza a causa del cancro) sa che per un malato di tumore, essere identificati con la malattia, è un qualcosa che priva della propria identità. Da qui nasce una campagna dal titolo Io non sono il mio tumore, promossa da Fondazione AIOM (insieme ad AIOM e alle associazioni pazienti IncontraDonna, aBRCAdabra e APAIM, cui si sono aggiunte anche AIL – Associazione Italiana Leucemie, Linfomi e Mielomi, SIE – Società Italiana di Ematologia e AIEOP – Associazione Italiana Ematologia Oncologia Pediatrica). Tale raccolta di firme mira a far approvare anche in Italia un diritto c.d. all’oblio oncologico. Quello che è sempre stato considerato come una forma di garanzia che prevede la non diffusione o la rimozione di informazioni online di una persona, si va ora a riferire anche a questi ulteriori dati. Lo scopo di questa legge permetterebbe alle persone guarite da un cancro di non dover più dichiarare la malattia durante la stipula di contratti di lavoro, la richiesta di mutui, o ancora l’adozione di un figlio. Oggi, infatti, è ancora necessario comunicare se si è stati in cura per una neoplasia, obbligo che porta spesso a subire discriminazioni sociali, ai limiti pertanto con una violazione dell’art. 3 della nostra Carta costituzionale. Ex malati che hanno vissuto ostacoli burocratici, pazienti preoccupati non più solo di combattere la malattia ma anche degli adempimenti richiesti per il loro futuro dopo la guarigione e ancora familiari di persone colpite da un cancro: si tratta di una proposta che riguarda molti soggetti coinvolti. Oggi, in Europa, già cinque Stati hanno emanato la norma per il Diritto all’oblio oncologico: Francia, Lussemburgo, Belgio, Olanda e Portogallo. Nel nostro Paese sarebbe una decisione importante, fondamentale a tutela di un diritto civile che per troppi anni è stato nascosto ai cittadini e agli stessi pazienti che hanno subito discriminazioni.
Matteo Cotellessa – Giornalista Mediaset e Cultore di Diritto dell’informazione all’Università Cattolica di Milano