La sentenza della Corte di Giustizia europea del 13 maggio 2014 stabilisce che la legge europea per la protezione dei dati conferisce ai privati il diritto di richiedere ai motori di ricerca, come Google, di rimuovere i risultati ritenuti obsoleti, irrilevanti o non più pertinenti relativi a ricerche correlate al nome di un utente.
In passato, in base a questo provvedimento, Google avvisava gli editori (siti sorgente) dei contenuti rimossi. Con un cambiamento introdotto recentemente il motore di ricerca non avverte più gli editori della rimozione di contenuti, ma comunica l’eliminazione dell’URL senza specificarne il contenuto né il motivo della rimozione.
Il portavoce di Google ha comunicato che la novità è dovuta a una decisione dell’autorità svedese per la protezione dei dati, entrata in vigore nel dicembre 2023. La sentenza ha stabilito che informare i webmaster che il motore di ricerca ha rimosso i collegamenti ai loro contenuti costituisce una violazione della privacy della persona richiedente il diritto all’oblio. Il tribunale svedese ha inoltre sanzionato Google per 50 milioni di corone svedesi per non aver rimosso degli URL richiesti.
A preoccupare gli editori è l’evenienza che il mancato avviso di rimozione dei contenuti possa rendere difficile l’identificazione dei casi in cui il diritto all’oblio è stato utilizzato impropriamente, nascondendo notizie legittime su argomenti di interesse pubblico. La mancata notifica rende poi impossibile la contestazione di eventuali violazioni.
M.T.